venerdì 18 settembre 2015

Una strada intitolata a Massimo Troisi e Pino Daniele ad Agropoli e il ricordo di Procida al Premio Concetta Barra

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Presto Agropoli avrà delle strade intitolate a Lucio Battisti, Lucio Dalla, Pino Daniele, Roberto Murolo e Massimo Troisi.

La decisione è stata presa dalla giunta comunale che vuole così omaggiare alcuni dei più grandi artisti italiani dedicando loro delle strade attualmente prive di denominazione in località Moio Alto. «In questo modo - spiegano da palazzo di città - risolviamo alcuni disagi dovuti all'assenza di toponomastica e al contempo rendiamo omaggio per il loro esempio di professionalità e doti umane alle giovani generazioni, a degli artisti prematuramente scomparsi». La decisione è stata accolta positivamente dai cittadini.

Fonte: Ilmattino.it


Domani ritirerò a Procida il Premio Concetta Barra per la mia "Annunciazione" rivisitata ai giorni nostri, che potete ascoltare qui e che rileggerò presso il "casale vascello" alla presenza di Peppe Barra. Una bella occasione per riportare un po' di Massimo sull'isola e ricordarlo, visto che non lo si fa mai abbastanza. Conto di condividere con voi qualche frammento della serata. A presto!

Cristiano

giovedì 10 settembre 2015

Anche questa estate "Amici di Massimo Troisi" a Salina, l'isola del postino: le foto dei luoghi di Massimo

Come quasi ogni estate, "Amici di Massimo Troisi" torna a Salina. La passione ci spinge ogni volta in questi luoghi di poesia, anche per verificare se e come cambiano nel tempo gli scenari del film "Il postino". E come vengono conservati, insieme alle installazioni dedicate al Nostro. Purtroppo l'opera "Oltre il tempo" al porticciolo di Santa Marina Salina ha subito dei danni: pezzi del manifesto del film sono stati tirati via proprio nei pressi del titolo e della testa di Massimo. L'inciviltà, le invidie e i dispetti non risparmiano nessun posto.
Ci spostiamo a Pollara: qui la bella notizia. Anche per una serie di manifestazioni dedicate a Philippe Noiret, il murales di quest'ultimo è apparso accanto a quello del postino Mario Ruoppolo. Bello davvero, come il primo, di cui abbiamo catturato in esclusiva i momenti dell'artista all'opera (clicca qui). Unico, piccolo neo il fatto di aver dipinto Noiret seduto, di fronte a Massimo che guarda in alto nel nulla, in quanto in quella scena il poeta è in piedi. Appare invece in buono stato l'opera "L'ombra del postino", sempre a Pollara, che guarda ogni splendido tramonto dell'isola. Tutto uguale nei rifugi per le barche nella baia, compreso quello che era la casa del postino. Resta conservato così e così l'esterno della casa rosa del poeta, mentre prosegue inesorabile il consumarsi della spiaggia dell'ultima scena del film, ormai molto piccola. Evidentemente si è scelto di non intervenire anche perché bisognerebbe mettere in sicurezza l'insenatura.

Salina resta un imprescindibile luogo del cuore per me, dove si respira ancora Massimo e tante altre emozioni e sensazioni. Così come è accaduto a Giovanna, che ringrazio per il reportage e il commento qui sotto. Accompagnata da uno di quegli scherzi di Massimo (Luis Bacalov, autore della colonna sonora de "Il postino" era a bordo del suo stesso traghetto) che conosco bene...


Cristiano
 
E' stata un'emozione unica.
Fino a poco tempo fa, nutrivo rancore verso "Il Postino".
Ogni volta che lo vedevo non riuscivo a vedere null'altro che Massimo e la sua morte.
Qualche mese fa ho deciso di rivedere il film, guardandolo per quello che è: il film a cui Massimo ha deciso di "donare" il suo cuore.
E mi ci sono riconciliata.
Anche per questo volevo andare a Salina.
Guidata da Cristiano, ho fatto tutto il percorso. Sono arrivata alla casa rosa e mi sono seduta al posto di Massimo e sono rimasta lì: mi guardavo intorno e pensavo che quello era uno degli ultimi posti in cui Massimo era stato.
Ero emozionata, agitata.
Poi ho proseguito verso la baia. Mi hanno spiegato che la spiaggia si è accorciata molto rispetto a quando è stato girato il film. Un posto magico. Un'atmosfera che non ho mai trovato da nessun'altra parte.
Sarò matta ma anche sapere che sul traghetto che ho preso per andare alle Eolie c'era Bacalov mi è sembrato un ulteriore segno che mi lega a Massimo.
Non riesco a descrivere le emozioni che si provano a Salina. So che sono felice di esserci stata e che vorrei ritornarci presto. Per questo consiglio a tutti di andarci almeno una volta nella vita. Ne varrà la pena.

Ringrazio te, Cristiano, per avermi "accompagnato" in questo viaggio.
Un bacio a tutti

Giovanna










giovedì 3 settembre 2015

Massimo Troisi nei ricordi della sorella Rosaria, dieci anni fa

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La migliore chiave di lettura per capire Massimo è di estreme semplicità e tenerezza. Basta vedere cos'è successo dopo di lui per comprendere quanto sia riuscito a entrare nel cuore di tutti. Vedere com’è ancora forte la voglia di tenerlo con noi, nel calore della vita, grazie al suo ricordo costante, basta per rendersi conto di come abbia saputo vivere una vita piena e intensa, anche se troppo breve. Per noi della famiglia Massimo non è mai cambiato: quando tornava a casa era sempre talmente uguale a se stesso che non ci eravamo resi conto fino in fondo del suo successo, del suo lavoro. Con lo sgomento della sua scomparsa è arrivato anche lo stupore di prendere atto di quanto le cose che aveva fatto fossero importanti. Lui diceva sempre di essere fortunato. Un privilegiato che poteva esprimersi nel modo che gli era più congeniale, ma era pur sempre lavoro e Massimo, tornando in famiglia, non parlava quasi mai del lavoro. 

Noi preferivamo andarci cauti, sapevamo bene quali problemi avesse avuto in passato e preferivamo avvicinarci a simili argomenti in punta di piedi: ho sempre pensato che la vita gli dovesse un risarcimento, quello di poter godere in modo completo dell’esistenza, dopo un inizio che era stato tanto avaro. Noi siamo una famiglia semplice, lo dico con orgoglio, senza evocare cliché e stereotipi: mio padre ha sempre lavorato, era nelle Ferrovie, non si navigava certo nell'oro, ma avevamo una vita dignitosa e, soprattutto, molto «viva». Come diceva sempre Massimo, parlando del modo in cui siamo cresciuti: «Se si’ imbecille, diventi imbecillissimo, se si’ umano, umanissimo». Ecco, lui è diventato umanissimo, con quei piccoli difetti come la pigrizia, l'indolenza e la capacità di astrarsi da ogni conversazione, se non aveva voglia di ascoltare, ma con pregi giganteschi: una semplicità disarmante, una lealtà assoluta e una mitezza totale che gli impedivano di essere scortese persino con quelli con cui non andava d'accordo. Anche in casa, persino nei momenti di «scontro generazionale» con il padre, non ha mai alzato la voce. Se contestava, lo faceva sempre in modo elegante, intimo, civile, proprio come ha poi fatto nel «Postino». Del resto Massimo ha mantenuto sempre il contatto con le radici, con gli amici della giovinezza, a San Giorgio a Cremano. E quando sono arrivati gli amici della vita professionale, erano sempre speciali, come Roberto Benigni: del resto sono molto simili, sarebbero diventati amici comunque. In famiglia, quando al telefono sentivamo che c'era qualche nuova fidanzata, lo «sfruculiavamo» citando Viviani: «Femmene belle, sempre 'na dozzina», ma Massimo era molto riservato. Come diceva, «le famiglie numerose diventano teatri stabili», e noi abbiamo sempre avuto il gusto di scherzare e prenderci in giro anche se lui, in privato, non era «nu pazzariello». Del resto, mica perché uno è attore comico deve passare la vita a far ridere gli altri, no? Nei suoi film vedo sempre tanto di lui e della nostra famiglia. In «Che ora è», ad esempio, quando tira l'orologio fuori dal taschino e dice «sono le tredici», Massimo cita papà, il suo modo da ferroviere di scandire ore e minuti, una finezza che mi ha dato un'emozione in più, mentre in «Le vie del Signore sono finite» c'è la tradizione della memoria storica narrata dai nostri nonni, nei loro racconti sulla guerra. «Scusate il ritardo», poi, più leggero, è proprio un ritratto delle dinamiche della nostra famiglia. 

Io credo che oggi Massimo possa ancora trasmettere un messaggio importante a quei giovani che si sentono bloccati e impotenti, che pensano non si possa fare nulla se non si va in televisione: se Massimo, nato in una cittadina che non figura nemmeno su tutte le carte geografiche, che non ha studiato recitazione, che non aveva un padre ricco e potente, che aveva pure una salute cagionevole, ce l'ha fatta ed è arrivato fino agli Oscar, partendo da San Giorgio a Cremano, allora bisogna imparare ad avere sempre fiducia in se stessi e nelle proprie qualità. In tanti anni di carriera Massimo non ha mai partecipato a un talk-show, non ha mai messo piede nel salotto di Costanzo e se fosse vivo oggi non andrebbe alle trasmissioni di Vespa: se lui ce l'ha fatta con queste scelte, allora vuol dire che tutti possono farcela, è questo il messaggio di ottimismo che ci ha lasciato. Spero che le nuove generazioni sappiano ascoltarlo.

Rosaria Troisi 
29/10/2005