domenica 28 dicembre 2014

"Massimo e me": il racconto di Angelo Orlando

Ringraziamo di vero cuore l'amico di Massimo (anche lui come noi lo scrive così, senza cognome), Angelo Orlando, che con sincero piacere ci ha permesso di condividere qui sul nostro blog il suo splendido scritto. Ci saluta e augura buona fortuna al nostro progetto.

Lui, splendido Amedeo in "Pensavo fosse amore invece era un calesse", parla di Massimo in modo semplice e genuino, senza la smania di ostentare un'amicizia. Infatti dopo poche righe il cognome "Troisi" compare con la stessa naturalezza con cui era stato omesso, quasi con rispetto, ossequio ad un genio e ad un grande uomo. Al quale ha voluto bene ed è stato ricambiato.

Cristiano


Lunedì 1° agosto 2011

MASSIMO E ME

Era un po’ che ci giravo intorno. Parlare di Massimo. 
Ogni tanto, qualcuno me lo chiede.
“Com’era Massimo Troisi?” 
Il silenzio che ne segue non ha a che fare con un trattenere qualcosa che ha dello speciale o chissà che, un vuoto dovuto a una difficoltà nel dire com’era una persona che hai conosciuto tanto tempo fa. Massimo è presente nella mia vita, come una specie di guida invisibile che mi corregge, mi spinge o mi frena. È una piccola e grande luce che, come una stella della nostra galassia, può essere raggiunta con quello sforzo d’immaginazione che troppo spesso evitiamo di fare. Un pensiero...la natura è l'eterno. Questa natura che può auto-generarsi. "Uomini e Dei" un tempo passeggiavano insieme, si aiutavano, si facevano i dispetti, giocavano e uniti in un bel girotondo, producevano una scena straordinaria.
Azione!
E l'uomo entra in scena.
Ovvero, passa dal nulla al nulla.
"Com'era Massimo Troisi?"
Qualcuno me lo ha chiesto ultimamente.
E io come al solito, sorrido e prendo tempo. E questo tempo, molto spesso, mi porta a dire due o tre cose per continuare ad agganciarmi a una sensazione che, a seconda di come sto, è vicina e distante. Come una stella, appunto. Vicina per lo sguardo, perché quella luce la posso vedere, distante perché, come una stella lontana anni luce, è irraggiungibile dalla mia piccola postazione terrestre
Ma da qui, ora, in una disoccupazione forzata, con tanta voglia di restare in contatto con uno spirito vero e non cedere a quella che ormai, simpaticamente chiamo la mia sorella pigrizia, cerco di fare qualcosa di utile per me, magari anche per chi, la prossima volta, mi chiederà: “Ma com’era Massimo Troisi

Vediamo un po’…

Un po' di tempo fa, una ragazza mi cerca sul web, mi trova e si presenta: "Sono una giornalista. Sta per uscire una collana sui film di Massimo Troisi. Le andrebbe di rispondere a qualche domanda?" Allora penso che forse questa è un'occasione buona. Mi faccio mandare le domande e mi prendo tempo. Scrivo risposte e queste risposte mi sembra che non bastino mai. E allora mi prendo altro tempo, fino a quando la ragazza giornalista (prima o poi leggerà anche lei questo post) mi sollecita. Mi dice che è quasi urgente e allora, mi affretto e tolgo tempo al mio tempo, scrivo, scrivo recuperando sensazioni, quante cose da dire, da lasciar andare. E poi si sa che sono un traghettatore di attimi. Li trasporto dal fiume del passato al mare del presente. E alla fine scrivo, e scrivendo, gli occhi si riempiono di lacrime, però sono contento. Strano cocktail. Gioia e lacrime. Poi premo invio. Evito di rileggere, ma sento quella bella soddisfazione che provavo anche a scuola quando consegnavo il compito in classe: finito! 
La giornalista mi risponde subito. Mi dice che quello che è ho scritto è molto bello e che le piange un po' il cuore a doverlo ridurre perché "lo spazio è molto poco rispetto a quello che ci sarebbe da dire..." 
Io un po' me lo aspettavo, ma in cuor mio, sono contento. Grazie a lei ho avuto il coraggio di andare lì dove una perdita ora ha acquisito quella distanza giusta per riconoscerla come un grande insegnamento. Ho approfittato di un'intervista per estrarre qualcosa che non mi aveva lasciato neanche il tempo di soffrire. Già...  
C'è un racconto di Dostoevskij, inserito ne "I Fratelli Karamazov",  che parla di una madre che va da padre Zosima a gridare tutto il suo dolore. Il buon prelato cerca di consolarla usando argomenti tradizionali della fede, cioè della giustificazione di Dio. La donna però, non riesce a trovare un argine al suo dolore, non vuole la giustificazione di Dio, non ha bisogno di essere consolata. Padre Zosima ad un certo punto, abbandona il suo punto di vista di pastore di anime. Si mette sul suo stesso piano e le dice: "Vai, piangi tutte le tue lacrime e chissà, che un giorno le tue lacrime non si convertano in qualcosa di molto prezioso!"
Questione di tempo. La vita, la vera maestra, ci aspetta al bivio di una comprensione paziente.
Chi lo sa perché, a volte, abbiamo bisogno di così tanto tempo prima di ritrovare il passaggio che ci fa comprendere che è giusto piangerle davvero tutte le nostre lacrime. 
Qualcosa di prezioso.
E allora, mi vado a rileggere quello che avevo scritto. E penso che qui, in questa zona che mi sono ricavato, lo spazio non è poco. Posso pubblicare esattamente quello che avevo scritto. E allora lo ritiro fuori. Lo rileggo, faccio copia e incolla e poi... poi aggiungo, correggo, cambio, tolgo e alla fine, di quella vecchia intervista, rimane ben poco. 
Quel dvd poi l'ho cercato. Non l'ho trovato. Non lo so quello che è rimasto di ciò che avevo scritto. Quelle emozioni recuperate da un passato neanche troppo lontano, cedono il passo a quello che ora è il miracolo di un nuovo istante del qui e ora, fatto di un'altra notte lontano da Roma, accanto al ricordo dell'ultima poesia che mi ha regalato Massimo, ma questa, è un'altra storia. 

(CONTINUA) 


martedì 23 dicembre 2014

Una poesia per Massimo


Una splendida, sentita poesia dedicata a Massimo Troisi, scritta nel dialetto che gli era tanto caro. Io e Massimo la ascoltiamo col cuore, fuori la casa rosa di don Pablo. E nella foto qui sopra lui sembra chiedermi: "Ma over è pe' mme sta poesia?". Certo Massimino, tu sei questo e molto altro.

Complimenti a Davide Rocco e grazie ad Anna per averla scovata.
 

A Massimo Troisi

Cu 'a faccia sorridente e cu 'e capille ricce
Ire napulitano cu 'a faccia d''o scugnizze
Parive sempe timido e sempe in imbarazzo
Risposte sottovoce ma ce lassave 'e sasso

Battuta sempe pronta, simpatico e solare
Ire talmente grande... pareva 'e guardà 'o mare
Song' film e situazioni ca hanno cuntato tanto
Si' muorto 'a tantu tiempo... ma te sanno tutti quante

Partito da San Giorgio si gghiuto assaie luntano
Ma nunn'aie perze niente d''o viecchio napulitano
Fama e ricchezza cagnano, ma tu si' rimasto 'o stesso
Aie fatto nu sulo errore... te ne si' gghiute ambresse.
 

mercoledì 17 dicembre 2014

Massimo Troisi: il coraggio delle proprie emozioni

Nulla è vita nel soggetto tranne il fatto che esso rabbrividisce. 
Theodor L. W. Adorno

Come ha scritto Anna Pavignano sul nostro gruppo, "Massimo diceva di sentirsi timido, impacciato, non all'altezza delle situazioni... Non si è come si è, ma come ci si sente..". Ma, aggiungo io, è anche vero che lui era più di quello che forse si sentiva di essere. Resta quella splendida virtù che è il coraggio delle proprie emozioni.

Emozioni che scaturiscono anche dal premio che il blog "Ho voglia di cinema" ci ha assegnato un po' di tempo fa. E che riporto qui sotto, consigliandovi di fare un salto su http://hovogliadicinema.blogspot.com/ e ringraziando di cuore Antonella.



giovedì 11 dicembre 2014

Una comicità sempre nuova: Massimo Troisi come Totò e Peppino

Visto che ci copiano ormai senza nemmeno fare più lo sforzo di cambiare le foto, riproponiamo qui la prefazione al libro di Lunetta Savino firmata dal Nostro, già pubblicata on line quindici anni fa su "Non ci resta che ricordarti" al seguente link: http://digilander.libero.it/webtroisi/pagine/lui%20eduardo....htm. Un articolo acuto e pieno di spunti interessanti, a me però in particolare ha colpito questa frase: "A me capita quando vedo Totò, ma specialmente Totò e Peppino insieme, di vedere una cosa e di rivederla e scoprire altre cose, rivederla e scopri 'nu gesto: quindi, vuol dire che lui in quel momento, ha proposto e ha costruito un qualcosa che non è leggibile immediatamente; ecco perché io dico puro però eccezionale". E' esattamente quello che mi capita quando rivedo un film di Massimo per l'ennesima volta. Sarà che lui ha saputo diventare l'ultimo erede di due comici immensi come appunto Totò e Peppino.


Lui, Eduardo e papà Scarpetta
di Massimo Troisi
 
Purtroppo non ho mai conosciuto Peppino De Filippo e lui è sicuramente di quelle persone che ti rammarichi di non aver conosciuto. Però l'ho visto a teatro. Ero molto piccolo, e sono andato con mio cognato che era vigile del fuoco, al Politeama, a Napoli, e così sono entrato da dietro con lui, con tutta l' emozione... Davano “A che servono questi quattrini”, e io ho visto lui, Peppino, che passeggiava, cu' 'e 'mmane dietro, e m'ha dato l'idea come forse anche noi diamo agli altri di una persona molto seria, molto tranquilla... M'avrebbe fatto piacere si' me diceva qualche frase che poi potevo riportare nella vita, dire: "E poi disse...", invece no, non disse niente è forse è stato giusto accussì, perché poi, di solito, in queste occasioni i grossi personaggi dicono le cose più stupide e banali. Un'eccezionale normalità lui, secondo me, è come 'o sillabbario. Quando io l'immagino, l'immagino puro, immagino cioè una comicità allo stato puro. Si può immaginare che la comicità pura è anche di Totò, e invece no, Totò è già chella elaborata. Io credo, cioè, che della comicità portata al livello di Peppino non ne può fare a meno nessun comico. Eduardo si è affinato più nel classico, Totò nel surreale, in quello che lui è riuscito a inventarsi come personaggio, Peppino, nella normalità era il massimo. Credo comunque, al di là di tutti i discorsi che si possono fare, che quando si parla di questi grossi personaggi, si parte dal presupposto che, comunque, siano delle persone intelligenti: io credo che siano eccezionalmente intelligenti Totò, Eduardo, Peppino, ma pure Sordi, per non restare solo nell' ambito napoletano; Sordi, secondo me, è un inventore di cose nuove, di comicità nuova, è stato un precursore. Forse si può parlare di normale fatto da una persona eccezionale, perché Peppino è dentro quello che fa. Non so se poi c'è dietro uno studio, perché non so se lui studiava il personaggio, ma sicuramente un'immedesimazione, in quel momento, a far vivere quel personaggio, quindi a dargli quello che, forse, è più difficile per un attore, per un comico, a dargli i particolari. A me capita quando vedo Totò, ma specialmente Totò e Peppino insieme, di vedere una cosa e di rivederla e scoprire altre cose, rivederla e scopri 'nu gesto: quindi, vuol dire che lui in quel momento, ha proposto e ha costruito un qualcosa che non è leggibile immediatamente; ecco perché io dico puro però eccezionale, perché puro sarebbe veramente il sillabario scritto da tutti dove A è A, B è B, invece lui ha scritto quello dove nella A puoi leggere qualche cosa di più. Ma è un caso stranissimo che io mi ritrovo, proprio ora, a parlare di Peppino, in un momento in cui, io, dovendomi calare nel personaggio di Pulcinella (nel film che sto girando con Ettore Scola, "Il viaggio di Capitan Fracassa") non so per quale mistero, non so per quale spinta interiore, per quale intuizione, che poi è quella che fa fare ogni cosa, io ho pensato a Peppino. Ho pensato alla napoletanità trasmessa in un certo modo, io dico, del ritmo, nei tempi, nei tempi comici, nell'incrinazione della voce: la sua comicità irresistibile. Lui, secondo me, è tutto quello che c'è prima dell'invenzione in più. Credo che lui abbia fatto eccezionale la normalità, sia riuscito a rendere eccezionale quello che si pensa che qualunque comico debba avere come bagaglio naturale: lui l'ha fatto assurgere a eccezionalità. Non saprei dire dove inizia per me il ricordo del teatro napoletano, dove finisce, dove è qualcosa di mediato attraverso la televisione, e non saprei nemmeno dire chi ho amato di più, se Peppino, se Eduardo, se Totò, perché li ho amati veramente tutti, anche senza essere un assiduo, perché poi a teatro ci andavo veramente poco. Sarò andato a vedere una volta Eduardo, prima di iniziare a fare l'attore, e una volta sola, purtroppo, Peppino. Peggio per chi non ha capito però, soprattutto attraverso i film e la televisione, qualcosa forse mi è cresciuto dentro. Sicuramente qualcosa di mediato da uno che fa spettacolo, mediato dall'intelligenza della quale parlavo prima, intelligenza che vuol dire sensibilità, non vuol dire preparazione culturale; e allora tutti questi elementi fanno diventare un attore, e quindi di conseguenza il suo personaggio, somigliante a un modello preciso, che però nello stesso tempo non ti dà l'idea di qualcosa di già visto, che è importante, perché vedere o sentire il già visto toglie molto alla freschezza. So che Peppino si è rammaricato più volte di non essere considerato abbastanza anche come autore oltre che come attore. Ma...che dire, peggio per chi non è riuscito a entrare nel suo mondo, a capirlo; insomma va tutto a discapito di chi non è riuscito a godersi pienamente questa cosa, e lo sta facendo mo' o lo farà tra dieci anni; lui non c'entra niente. Pure il fatto, per esempio, che Totò non ha avuto più bisogno del cognome, Eduardo nemmeno, lui invece s' 'a avuta purta' pure 'o cugnome, ma, secondo me, stava benissimo anche lui solo con Peppino!
 

venerdì 5 dicembre 2014

Massimo Troisi: persona essenziale, speciale e che incontrava la gente senza sovrastrutture. Parola di Renato Scarpa

  
"Lui ha captato quello che vale e quello che non vale e quindi era diventato una persona essenziale, ecco perché incontrandolo si sentiva che si incontrava una persona speciale. Per come si era guardati, per come ti riusciva a mettere totalmente a tuo agio. Non si contrapponeva mai. Lo incontravi. E lui incontrava la gente, non aveva sovrastrutture".

Parole di Renato Scarpa, alias Robertino di "Ricomincio da tre" e il capo telegrafista Giorgio Serafini de "Il postino". Uno dei pochissimi che ogni volta che apre bocca per parlare di Massimo ti incanta. Ed è lampante quanto sia emozionato e riconoscente alla vita per il dono di avergli fatto conoscere una persona speciale.

Cristiano