sabato 31 agosto 2013

Massimo Troisi: parole e musica di alcuni big partenopei

Tullio De Piscopo Massimo Troisi
Tullio De Piscopo 
Massimo Troisi, non dico è stato, ma è la maschera, dopo gli anni '60, del palcoscenico napoletano, perchè dopo Totò, De Filippo, Nino Taranto, c'è subito Troisi, questa maschera moderna, che ha fatto veramente conoscere l'umorismo moderno napoletano, in un dialetto strettissimo, come usava fare lui, in tutta Europa. Io il primo film suo lo vidi al nord dell'Italia e la gente era veramente impazzita per questa sua maschera, perchè lui aveva, ripeto, una maschera incredibile. Abbiamo iniziato, si può dire, assieme, perchè eravamo nella stessa agenzia teatrale, dove c'era anche Pippo Baudo, io facevo la parte musicale, loro con il trio della Smorfia, assieme ad altri artisti di cabaret, la parte teatrale, con l'agenzia Gentile e Marangoni. Ho un ricordo di lui sempre bello e vivo per tutte le cose che abbiamo trascorso assieme. Ho il ricordo sempre impresso di quando ebbi la notizia della sua scomparsa alla fine di un concerto pomeridiano al Lirico di Milano, in taxi mentre andavo a casa e mi diede questa notizia il giornalista dell'Ansa, ed io rimasi impietrito.
 
Enzo Gragnaniello Massimo TroisiEnzo Gragnaniello 
Troisi, innanzitutto, rappresentava la poesia, con la sua persona, con il suo viso, con le sue espressioni, con il suono della sua voce, come si muoveva, la sua gentilezza, non è stato mai volgare, è questa è una cosa importante, perchè i napoletani mettono sempre qualcosa di volgare, quando uno è insicuro si butta sul volgare, a volte nemmeno facendolo apposta, lui non ne aveva bisogno, era bello così com'era. Mi ricordo sempre la sua bella immagine d'artista. Un aneddoto molto simpatico, mi ricordo, tempo fa, ci incontrammo per la prima volta in RAI, e lui prima ancora che io lo salutassi, mi salutò dicendomi: "Ehi, Enzo, cumm stai?", trasmettendomi una forte familiarità, dimostrando una forte sensibilità. Son quelle cose che uno sente dentro, e quella è una cosa che mi è rimasta molto impressa, e io l'ho abbracciato come uno che conoscevo da tanti anni, e questa è una cosa bella, quando le persone sono artisti veri, sono semplici, se devono salutare una persona la salutano senza etichetta, e lui allora era già famoso per il film "Ricomincio da tre", quindi io lo conoscevo e forse lui non mi conosceva tanto bene come lo conoscevo io, però è stato lui a salutarmi, ripeto, come se ci conoscessimo da tanti anni. Poi l'abbiamo visto sempre, in tutte le interviste, nei film, è sempre stato una persona simpatica e gentile, e traspariva la sua poesia nel suo modo di parlare, con la sua gentilezza, questa è la base di tutto. Questo è quello che ricordo di lui, un'immagine bellissima!
 
Federico Salvatore Massimo Troisi
Federico Salvatore 
Come sintetizzo in pochissime parole la grandezza e quanto Napoli deve a Massimo Troisi? Ci vorrebbero fiumi di parole, non quelle sanremesi. Io sono un collezionista di Pulcinella, studio Pulcinella, però mi interessa la parte antropologica di Pulcinella, ed ho trovato delle affinità nell'anima di Massimo Troisi con Pulcinella, probabilmente anche nel mio, perché faccio questo lavoro. Massimo è Pulcinella senza maschera. A parte che Pulcinella è stato, nel pieno del suo vigore, della sua vita centrale, è stato censurato, e ha operato lo stesso senza maschera. Per me Troisi rappresenta il Pulcinella che porta. Poichè Pulcinella è stato internazionale, Pulcinella è stato francese, Pulcinella è stato inglese, Pulcinella ha superato il Volturno. Massimo ha fatto la stessa cosa, l'unico napoletano con la napoletanità che ha superato il Volturno, quindi per me rappresenta un'ultima possibilità che abbiamo avuto, da un punto di vista teatrale e cinematografico, di superare, di uscire dallo stereotipo della napoletanità, fine a se stessa. Napoli è una fucina di attori, di cantanti, ...però restano quà, perché purtroppo siamo legati ad una tradizione che va superata. Io ho presentato un brano che si chiama "Il passatista", perché mi piace fare dei progetti per il passato, voglio conservare quello che ho ottenuto, però Massimo ha dimostrato che il napoletano può uscire da questa napoletanità. Ora tu puoi interpretare come vuoi, io posso dire che il messaggio che ho ricevuto da Massimo, è stata questa voglia di andare oltre, di non rimanere ghettizzati, nel vero senso della parola, nella città di Napoli.
 
Corrado Sfogli (Nuova Compagnia di Canto Popolare) 
Il pensiero che possiamo avere noi della Nuova Compagnia di Canto Popolare su Massimo Troisi è che rappresentava e rappresenta ancora oggi, come la Nuova Compagnia di Canto Popolare, un'immagine assolutamente meno stereotipata e comune di Napoli. E' un poeta, molto spirituale, e quindi molto vicino all'immagine della Compagnia. Lui non ha mai portato l'immagine del comico stravaccato, oppure quello che doveva per forza far ridere, la sua comicità era una comicità interna, profonda, da poeta. Lo stesso penso sia la Compagnia. La Compagnia non ha mai portato all'esterno della città, cioè nel mondo, un discorso folklorico stereotipato di luoghi comuni, è sempre stata sempre al di fuori di certi schemi e di certi parametri di cui purtroppo la città di Napoli ancora vive, e continua a vivere.




sabato 24 agosto 2013

E Massimo Troisi dov'è? Se lo chiedono anche Principe e Socio M. (VIDEO)

massimo troisi pino daniele
Ciro Raimo del nostro gruppo Facebook ci ha segnalato questo brano e il relativo video con un emblematico omaggio a Massimo Troisi. Il titolo della canzone richiama il grande Mister Volare Domenico Modugno e un’epoca lontana che non c’è più, con alcune sue coppie artistiche: si parte appunto da Massimo Troisi e Lello Arena fino ad arrivare a Stanlio e Ollio, Batman e Robin, The Blues Brothers, Raimondo Vianello e Sandra Mondaini e via discorrendo. Per farci un attimo riflettere sui riferimenti che avevamo una volta e su quelli, sempre più poveri e tristi, che ci ritroviamo oggi. Grazie a Prinicipe e Socio M., già autori di un toccante brano dedicato tutto a Massimo Troisi.
Cristiano
 
Mimmo che volava - (Principe e Socio M.)

Eh...ma Mimmo che volava dov'è?
Vittorio Gassman dov'è?
E Massimo Troisi dov'è?
Eh...ma l'operaio dov'è?
Il panettiere dov'è?
Qualcuno che mi dica sono come te!

Questa è la storia dei ragazzi che sono cambiati
oh ma non ce ne 'sta uno che ha pigliato d'o pate*
vabè…tutti figli i dei figli di…
Se voi avete avuto Vittorio De Sica…
noi abbiamo avuto Christian De Sica!
Se voi avete avuto Steno… noi abbiamo avuto i fratelli Vanzina!
Se voi avete avuto Pasolini, Comencini, Rossellini… noi abbiamo i fratelli Muccini!
Se voi avete avuto De Filippo… noi abbiamo avuto De Filippi!

Eh...ma Mimmo che volava dov'è?
Vittorio Gassman dov'è?
E Massimo Troisi dov'è?
Eh...ma l'operaio dov'è?
Il panettiere dov'è?
Qualcuno che mi dica sono come te!

Questa è la storia dei ragazzi figli di nessuno
un trono, due urla e diventi qualcuno
più piangi, più fingi, più raggiungi la gloria
autografi, serate...ed è finita la storia!
Bambini ipnotizzati dalla televisione
stanno imbalsamando una generazione
delitti, processi...pieni di folla
i genitori in fila….e i figli tirano colla!

Eh...ma Mimmo che volava dov'è?
Vittorio Gassman dov'è?
E Massimo Troisi dov'è?
Eh...ma l'operaio dov'è?
Il panettiere dov'è?
Qualcuno che mi dica sono come te!
Eh…ma dimmi quell' Italia dov'è?
Di Carosone, Tognazzi...dov'è?
La tua generazione com'è?

E non è vero che per noi il cielo è sempre più blu
ma chi ci è stato mai nel blu dipinto di blu
svalutation….revolution….ahiaiaiai!

Eh...ma Mimmo che volava dov'è?
Mimmo che volava dov'è?
                         

giovedì 22 agosto 2013

Massimo Troisi, una vita da orsacchiotto

Massimo Troisi Roberto Benigni Morto Troisi Viva Troisi
In questo tramonto della seconda repubblica, capita di chiedersi quali ispirazioni ne caverebbe Massimo Troisi, morto ai suoi primi albori. Troisi non era un satirico in senso stretto: era un comico, nell’accezione più malinconica e atemporale del termine. Ma a differenza di molti travet della satira, sapeva cogliere con sovrana leggerezza i tic apparentemente più labili e più sotterraneamente radicati di una mentalità e di un’epoca. Soprattutto, con incantevole noncuranza, e con un’ironia sottilmente virata in antifrasi, sapeva far riaffiorare al di là di questi tic la ragionevolezza di un senso comune troppo spesso minacciato dalle disarmanti fatalità della storia italiana. Non era un grande regista; ed era un primo attore strano, che non s’imponeva ma piuttosto s’insinuava. Non stupisce dunque che le sue minuziose diatribe, insieme stenografiche e prolisse, prive di climax e di icasticità, abbiano sempre lasciato una parte del pubblico fredda o infastidita. Ma chi l’ha amato rimpiange proprio la stranezza di questo reticente e cincischiante fenomeno attoriale: un fenomeno che non ha eredi, e che malgrado la napoletanità conta forse molti nonni ma nessun vero padre.

Come si fa, sulla carta, a dare un’idea di quell’oratoria troisiana che è esilarante perché estenuante, delusivamente sfumata, antieloquente? Rivediamo Troisi nell’82, in tuta da attrezzista, che davanti a una telecamera manda un accorato messaggio a Pertini. Parlando in tivù, il Presidente ha puntato il dito contro di lui, contro suo padre e suo fratello, che assistevano alla trasmissione in salotto, e ha chiesto minaccioso: “Chi ha preso i soldi del Belice?”. I familiari si sono guardati a vicenda, perché il gesto era inequivocabile: Pertini accusava proprio loro (se avesse voluto alludere ai ministri e ai potenti, il dito l’avrebbe puntato alle sue spalle, non verso quel povero salotto!). Alla fine l’attrezzista ha domandato al padre se non avesse davvero preso quei soldi, e l’ha ammonito, nel caso, a cacciarli fuori, per non fare una “figur ‘e niente” col Presidente. Ma no, c’è stato uno sbaglio: Pertini sappia che deve cercare in un’altra casa, che lì “nemmeno di passaggio” si son visti, i soldi del Belice. Questo ricordo si porta dietro quello di una satira più lieve. È il maggio ‘87, il Napoli ha appena vinto lo scudetto, e Gianni Minà (quel Minà che secondo Troisi non invita bambini nelle sue trasmissioni perché a loro non può chiedere “cosa facevano negli anni Sessanta”) va a intervistare l’attore-regista di San Giorgio a Cremano. Troisi finge di non aver ancora saputo la notizia, e col suo tipico tono da alunno impreparato si esibisce in una parodia della retorica giornalistica: “L’hanno già detto ‘a parte Maradona non dimentichiamo questo meraviglioso pubblico che è stato un dodicesimo giocatore in campo’? L’hanno già detto ‘Bianchi un allenatore modesto ma capace’? L’hanno già detto ‘sì va bene festeggiamo ma non dimentichiamo i mille problemi che da secoli si affacciano su Napoli’?”. Ovviamente tutto l’ovvio è stato detto, e Troisi si limita allora a una pubblicità progresso, invitando a esultare senza dimenticare acqua e gas aperti, e spiegando perché è rischioso, con quel suo tono che rende irresistibili i pleonasmi. Poi, davanti ai tifosi settentrionali che parlano dei napoletani “campioni del Nordafrica”, conclude che è meglio essere campioni del Nordafrica che fare striscioni da Sudafrica. Ma subito la voce gli scivola via da questa battuta troppo sonante, troppo “benignesca”… Perché la comicità di Troisi sta nei queruli balbettii, nelle afasie, nelle macchinose contorsioni verbali che provocano un riso simile a un formicolio crescente – riso che non dipende quasi mai da un singolo gesto o da una singola battuta, ma dal ritmo di quella cantilena piagnucolosa, esasperata, stridula, che gli esce a spizzichi dalle labbra sottili piegate in una smorfia di disgusto, e che per restituire le minime vibrazioni di un atteggiamento psicologico s’aiuta col gesticolare sconfortato delle mani, col corpo paperescamente raccolto tra la testa sporgente e le gambe piegate in dentro a difesa. A raccontarle, sembra che di queste cantilene non rimanga niente: e infatti i veri appassionati degli sketch di Troisi non li citano ma li mimano da cima a fondo, imitando perfino la vocetta fessa.

Massimo Troisi Francesca Neri Pensavo fosse amore invece era un calesseTuttavia, se il suo eloquio non si può “raccontare”, se ne può almeno analizzare qualche frammento, e tentarne una definizione critica. Per capire come questo comico introspettivo riesca a cogliere i più impalpabili tra i meccanismi che governano le nostre scelte quotidiane, partiamo da Non ci resta che piangere, il film dell’84 in cui Troisi e Benigni si trovano catapultati nel mondo di fine Quattrocento. Benigni si adatta presto; ma Troisi non regge a quella vita violenta e puzzolente. Così una sera, in casa del mitico Vitellozzo, convince l’amico a tentare un esperimento. Forse, dice, il viaggio nel tempo è solo un fatto psicologico. Basta fingere, appena svegli, che non sia successo niente. Ci si alza, si chiacchiera del tran tran di tutti i giorni, si apre il portone, ed ecco che ci si ritroverà nel civile Novecento. Così la mattina, davanti al portone chiuso, i due si concentrano. Benigni imposta la voce, e snocciola frasi zeppe di oggetti novecenteschi: “Con ‘sto pneumatico che s’è sgonfiato… senza frigorifero… si va in banca, se non si piglia la scossa con la corrente elettrica si citofona… ti faccio una telefonata e si esce con l’autobus!”. Poi Troisi apre il portone e… niente: sulla strada c’è sempre la Toscana di Savonarola. Allora si arrabbia con Benigni, perché ha esagerato con tutti quei nomi moderni: così è chiaro che “se n’accorge”. Se n’accorge? Ma chi? “Chi c’ha mandato qua… o tiempo, Dio… è sfacciata accussì”. Ecco: Troisi è tutto qua, in questo “è sfacciata accussì”, in questa rabdomantica capacità di render perspicue le piccole, imbarazzanti, informi superstizioni dell’italiano qualunque, che per lui non è un pagliaccio né una carogna, ma un eterno adolescente attaccato ad abitudini familiari da cui gli deriva, insieme con una pigrizia brancatiana, anche una brancatiana diffidenza per ogni grandeur. Davanti al suo umorismo delicato, Benigni si riduce a rozza “spalla”. Il napoletano è agli antipodi del toscano: non è un clown che spicca sullo sfondo di una grigia realtà comune, ma un anti-clown che restaura il senso comune inquinato da una realtà assurda, parossistica, tronfia.

A volte questa realtà si presenta coi tratti solenni di chi si considera l’incarnazione della Cultura o della Fede: e Troisi smonta una tale solennità riportandola al registro modesto della chiacchiera. “Sa che cosa dice Cooper?” domanda intimidatorio, nel film d’esordio Ricomincio da tre (1981), il professore che Gaetano-Troisi sorprende in vestaglia in casa della zia, e che tenta di dare un supporto teorico al suo rapporto irregolare con la signora. “Cioè, Cooper ha detto tante cose… mica una” abbozza Troisi. “Ricordati che devi morire” gli ripete un predicatore quattrocentesco in Non ci resta che piangere. “Mo’ me lo segno” ribatte lui con voce tremolante.
Ma in genere, l’assurdità del reale ha il volto di personaggi abitati da un’idea fissa, a cui Troisi oppone la fioca voce della ragione. Le spalle delle gag più riuscite sono dei maniaci o dei fanatici. Ad esempio, in Ricomincio da tre è indimenticabile la sequenza in cui l’autostoppista Gaetano viene caricato da Michele Mirabella, un folle che ha deciso di uccidersi proprio andandosi a schiantare con la macchina, per far sembrare la morte un incidente perfino agli occhi divini, e per non scontare quindi il peccato mortale del suicidio. Alla fine Gaetano, con parole simili a quelle di Non ci resta che piangere, lo convince che lassù “loro sempre se n’accorgono” se uno fa peccato, e riesce ad accompagnarlo a un centro di igiene mentale. Ma là trova un altro folle, Marco Messeri, che gl’impone uno stridulo monologo sulla sua invidia per Agnelli e Alain Delon. Nello stesso film, anche Lello Arena e l’entusiasta predicatore americano che vuol risolvere tutto con la “Parola” – per non parlare di Robertino, ometto tiranneggiato dalla madre bigotta – sono in fondo degli ossessivi. Ma quasi dappertutto gli alter ego di Troisi devono fronteggiare dei personaggi secondari rigidi, impermeabili al dialogo, a volte “integrati” proprio perché folli. L’elenco è lungo: si va dal primo Arena fino all’Angelo Orlando di Pensavo fosse amore invece era un calesse (1991). Ma l’attore più portato per ruoli del genere è Messeri. In Pensavo fosse amore questo toscano tarchiato, dall’occhio vitreo, si chiama Enea, e si mette con la donna di Tommaso-Troisi. Tutti lo considerano bellissimo. Solo Tommaso sembra accorgersi di ciò che è ovvio: cioè del fatto che Messeri è bruttarello ed è pure afflitto da un nome ridicolo. Tipica, qui, anche l’opposizione tra il protagonista, che nei film di Troisi è sempre pigro, sedentario, eduardianamente stanco, e il rivale pratico, dinamico, che sembra saper fare qualunque cosa (viaggia in Oriente, arbitra gare tra barbieri, ipnotizza galline…). Come i battibecchi con le “spalle”, anche la pigrizia di questi alter ego, la loro inadattabilità a lavoro e sport, servono a smascherare il grottesco della società in cui vivono, in particolare la mania dell’efficienza, lo stolido attivismo, l’agitazione inutile o sopra le righe: sono, insomma, un antidoto contro i fanatici.

Massimo Troisi Diego Armando Maradona
Questa contrapposizione assume un’evidenza didascalica in Le vie del Signore sono finite (1987), che mette in scena il fanatismo per eccellenza: il fascismo. È qui che davanti a una donna entusiasta dei puntuali treni di regime, il protagonista osserva che se era questo il problema bastava nominare Mussolini capostazione. Ed è qui che Camillo-Troisi, avendo portato due pozioni di sua invenzione, contro la calvizie e contro il dolore, a un gelido burocrate, solo mentre ne vanta la bontà si accorge del ritratto del calvo Duce che campeggia sulla scrivania dell’interlocutore, e apprende che secondo quel Duce “la via della salvezza è segnata dal dolore”. Così, con un dietrofront da italiano abituato a piegarsi inerme al potere, trasforma la réclame delle due boccette in una contrita constatazione della loro inutilità. Perché Camillo non è un oppositore: vuol solo essere lasciato in pace. E tuttavia, come certe figure di Brancati, ha una passiva ironia che il fascismo non perdona. Infatti, mentre tutti si integrano, lui è picchiato e arrestato.

A un mondo folle e burattinesco, gonfio di parole roboanti, la comicità di Troisi non oppone battute altrettanto roboanti, pose altrettanto burattinesche e stilizzate: è invece l’ultima, gelatinosa, sommessa difesa dell’uomo che vuol restare integro. Perché qui sta la sua singolarità: mentre i personaggi con cui viene a contrasto diventano maschere sclerotiche, Troisi, pur essendo un comico puro e per giunta napoletano, non è mai una maschera, ma resta un uomo intero. Non ha bisogno delle stilizzazioni che gli attori-registi suoi coetanei usano per distinguersi: delle idiosincrasie di Moretti, o della clownerie di Benigni, o delle macchiette di Verdone (sapientemente sfruttate nell’82 in Morto Troisi, viva Troisi, finto servizio tv sulla propria morte dove i veri “morti” sono i colleghi che lo ricordano, cristallizzati nei loro tic).
Senza questa integrità, che gli permette di adattarsi alle nuances più sottili della psicologia e delle intermittenze del cuore, l’attore Troisi non potrebbe reggere i duetti agrodolci ingaggiati con Mastroianni in Che ora è?, un elegiaco film di Scola su padri e figli. Né potrebbe, nei suoi film, utilizzare le colte sceneggiature di Anna Pavignano, e mantenere come leitmotiv le raffinate analisi del rapporto di coppia. Sono queste analisi ad allontanare i film di Troisi dalla commedia all’italiana, e a impregnarli di quella malinconia umoristica che con mezzi diversi ottiene il Woody Allen meno stilizzato. Chi ama Troisi non riesce a scindere le gag più esilaranti dalle sue descrizioni delle fasi aurorali e poi subito autunnali dell’amore. Verso le donne l’attore avanza sempre di sbieco, con un sorriso storto e timido, mentre si ravvia i capelli o si sistema i vestiti con un gesto cauto e quasi furtivo, già pronto a tirarsi indietro. Ma non ce n’è ragione. Perché Troisi, che non ha una faccia di per sé comica, cioè una di quelle facce che salvo eccezioni (vedi ancora Allen) condannano a ruoli grotteschi e impediscono ogni introspezione, è quasi un bello: e gli basta poco per diventare un seduttore – anche se un seduttore pigro, incerto, antivirile.

Tra i tanti episodi amorosi ci vengono subito in mente, in Ricomincio da tre, i dialoghi sul tradimento tra Gaetano e Marta. L’infedele Marta, maniaca dell’emancipazione, sostiene che “quando c’è l’amore c’è tutto”; ma Gaetano la corregge: “No, chella è ‘a salute”. E chi non ricorda la loro discussione sul nome da dare al figlio? Lui sostiene che “Mas-si-mi-lia-no” è troppo lungo: il tempo di scandirne le sillabe, e il pargolo che si vorrebbe richiamare all’ordine sarà già andato a combinar disastri chissà dove. Meglio il breve “Ugo”: il bambino verrà su “più educato”. Gli alter ego di Troisi sono così presi dai tira e molla sentimentali, che a volte l’innamoramento agisce sul fisico. Il protagonista di Le vie del Signore sono finite vive in carrozzella per attirare le attenzioni della donna che l’ha lasciato: ennesima versione del Troisi indolente, ipocondriaco, seduttivo, e della sua “comicità psicosomatica”. Ma l’innamoramento può anche far scordare l’ipocondria. In Scusate il ritardo, Vincenzo è a letto con la febbre. Gli sanguina il naso, e teme sia un’emorragia, sebbene la sua mammona partenopea gli ripeta che è un raffreddore. Ma quando entra a trovarlo la bella Giuliana De Sio, ribalta le carte: la mamma, che apprensiva!, ha paura di un’emorragia, mentre lui sa bene che gli si è solo rotta “‘na venuzza dint ‘o naso”… A volte, come in quel manualetto sulla coppia che è Pensavo fosse amore, i discorsi teorici brancatianamente prevalgono sulla vita sentimentale vissuta. Ma le scene più frequenti, nella fenomenologia troisiana dell’eros, sono quelle in cui, per riempire gli imbarazzanti silenzi davanti a una donna, il seduttore diventa logorroico. Nei film di Troisi c’è sempre una ragazza che assiste con un sorriso, non si sa se stordito o ipnotizzato, ai suoi ragionamenti sfilacciati e contorti. In Scusate il ritardo, per sedurre la De Sio, Vincenzo s’imbarca in un racconto del tutto fuori luogo sulla sua infanzia da “terzo della classe”, finché la poveretta (come l’amazzone di Non ci resta che piangere) sviene per l’estenuazione.
Massimo Troisi Pensavo fosse amore invece era un calesse
È insomma da un impulso sentimentale che nascono i più ingegnosi e futili discorsi di Troisi sul mondo e sulla vita, le sue invenzioni teoriche fatte di nulla. E queste invenzioni, lo si è detto, non consistono tanto di singole battute, bensì di “situazioni verbali”. Quasi procedendo a tentoni, il comico si fa prendere la mano da una tesi o da un paragone, e li esagera arzigogolando. Oppure afferra un’iperbole, o una parabola, e le porta sofisticamente all’assurdo calandole nella vita quotidiana. Se parla della Napoli stereotipa di sole, pizze e mandolini, descrive nei dettagli cosa accade dove tutti anziché lavorare suonano uno strumento, mangiano mozzarella o si abbronzano. Nel primo film, quando Gaetano non ne può più di sentire il religioso Frankie che cita i dialoghi tra San Francesco e gli uccelli, gli contrappone questa immagine del Santo: “Steva continuamente dint’ agli orecchi de cchiste povere bestie (…) secondo me gli uccelli non lo sopportavano cchiù a San Francesco, cioè appena lo vedevano arrivà” se n’andavano “‘n copp’ agli alberi”. Morale: “Per colpa di San Francesco è nata la migrazione degli uccelli”.
Con questa tecnica della dilatazione puntigliosa, Troisi sa ipnotizzare il pubblico per lunghi interminabili minuti mentre filosofeggia sui modi diversi con cui americani e italiani aprono il frigo, o descrive la posa che hanno i carabinieri guardando la tivù, o ancora mentre spiega che non legge libri perché la gara è persa in partenza, dato che lui è uno solo a leggere contro milioni di persone che scrivono. Con la stessa cocciuta cavillosità tenta d’insegnare la briscola a Leonardo da Vinci (Non ci resta che piangere), e di dissuadere un rivale, innamorato come lui di una donna minuta, spiegandogli che le donne minute si rattrappiscono fino a sparire (Le vie del Signore sono finite). E quanto a cavilli, come dimenticare la casistica sui miracoli che apre Ricomincio di tre? Troisi si lamenta del padre, rimasto senza una mano, che prega la Madonna di fargliela ricrescere. Gli sembra assurdo, perché i miracoli mica fanno spuntare arti mancanti. Toccano gente che non ci vedeva e ha riacquistato la vista, ma “i uocchie i tteneva”, gente che “nun camminava e po’ ha camminato, ma i ccosce i tteneva”. Al che Arena risponde che ci sono “miracoli facili” e “miracoli difficili”: ed è continuando a dibattere su questa distinzione che spariscono dall’obiettivo.

Troisi ha reso comica la puntigliosità, la chiosa che spacca il capello in quattro. È napoletanissimo, coi suoi tempi comici perfetti, eppure dentro questi tempi infila tutto ciò che, in modo assai poco napoletano, inceppa l’eloquenza e impedisce l’icasticità dell’espressione. “Prim’ e tutto…”: così iniziano, col gesto di chi mette le mani avanti, i monologhi con cui si difende dalle intimidatorie certezze degli interlocutori, allineando faticosamente una parola dopo l’altra e riportando la disputa sul terreno di un sapere casalingo. Anche le sue battute più famose sono un’ingegnosa difesa della più comune e tenera quotidianità. Quando Arena lo mette davanti alla scelta tra il giorno da leone e i cento da pecora, Troisi chiede se non sia possibile passarne cinquanta da orsacchiotto, così non si fa “‘a figur’ ‘e merd’ daa pecora, e nemmeno ‘o leone ca però campa nu jorn’”. Era, questa dell’orsacchiotto, la sua vocazione. E avremmo voluto che i suoi cinquanta giorni durassero molto più dei quarant’anni a cui il cuore lo ha fermato.

Matteo Marchesini
Il Foglio, 1 settembre 2012

martedì 20 agosto 2013

Guerra tra comuni a Salina per il ventennale de "Il postino" di Massimo Troisi

Massimo Troisi Salina Il postino Maria Grazia Cucinotta

INVITATA CONTESA MARIA GRAZIA CUCINOTTA

Eolie, «guerra» tra i sindaci per celebrare l'anniversario del «Postino» di Troisi

Un assessore di Malfa prepara il ventennale nel 2014. Ma il comune vicino anticipa i festeggiamenti: «Idea scippata»

SALINA - Va in scena nella più verde delle isole Eolie la guerra dei sindaci con lo scippo dell’anniversario per chi commemora prima l’indimenticabile protagonista de «Il Postino», Massimo Troisi. L’idea di programmare per il 2014 il ventesimo anniversario del film girato nel 1994 in uno dei tre mini-comuni di Salina, a Malfa, è venuta a Clara Rametta, gran signora e gran gourmet del famoso Signum di Salina dove alloggiarono Troisi, Philippe Noiret, Maria Grazia Cucinotta.

«IDEA SCIPPATA» - Lei che è anche assessore alla Cultura del comune di Malfa in cui insistono la spiaggia, la casa rosa, i vialetti dove Troisi correva in bici per consegnare la posta a Noiret nei panni di Neruda, alcune settimane fa, ne parla in macchina con Massimo Lo Schiavo il sindaco del comune vicino, Santa Marina. Raccontandogli l’idea coltivata con il suo sindaco, Salvatore Longhitano, di far tornare a Salina l’allora esordiente Cucinotta e mettere in scena per il prossimo anno un grande evento in memoria dell’attore morto dopo le riprese. «Idea scippata», dice adesso con sua sorpresa perché, pochi giorni dopo il colloquio, a Santa Marina si organizza in sordina una cerimonia proprio con Maria Grazia Cucinotta, altri attori e la bicicletta di Troisi trasformata in una installazione al centro del porticciolo della stessa Santa Marina.

Massimo Troisi Salina Il postino
IL VENTENNALE ANTICIPATO -Anziché il ventesimo anniversario di Malfa è così andato in scena il «diciannovesimo» di Santa Marina con Lo Schiavo in difesa: «Ma non è vero, ci avevamo già pensato». Motivazione respinta da Clara Rametta: «Ricostruzione di comodo». E, invitata all’ultimo momento con Longhitano, non si sono presentati alla cerimonia diretta da Massimiliano Cavaleri. «Assenti e indignati», hanno borbottato affilando le armi, senza rinunciare al grande progetto, «al ventennale che s’ha da fare nel 2014». Come hanno ripetuto pure alla Cucinotta, imbarazzata, anche stavolta ospite al Signum, dopo foto, sorrisi e autografi davanti all’installazione della bicicletta di Troisi. Una bici che attraversa un grande pannello davanti al molo intitolato adesso «Passeggiata Troisi». E sul pannello il vecchio manifesto del film forato dal manubrio, le ruote della bici per metà davanti, per metà «oltre», appunto «oltre il tempo», come ha chiamato l’opera il suo autore, Antonello Arena, soddisfatto perché non c’è un turista che non scatti una foto ricordo.

TRE SINDACI PER SEI CHILOMETRI - «Ma la bici è solo una copia», sbeffeggiano a Malfa anche i figli dell’assessore-gourmet, Luca e Martina, preparando la rivincita, magari con l’originale, come chiedono al sindaco Longhitano. Anche se c’è pure il rischio che un’insidia possa scattare nel terzo comune, quello di Leni. Roba da contropiede con diffidenze incrociate in un’isola dove forse tre municipi a distanza di sei chilometri, con tre sindaci e tre consigli comunali per mille abitanti a testa sembrano davvero troppi. Anche perché le altre sei isole sono tutte amministrate dal sindaco di Lipari. Storie di piccoli ma radicati poteri, un paradosso che avrebbe fatto sorridere il grande Troisi

Link: http://www.corriere.it/cronache/13_agosto_07/postino-troisi-guerra-sindaci-per-anniversario_b12a298c-ff99-11e2-a99f-83b0f6990348.shtml
   

Premio Massimo Troisi: ecco l'entità del buco di bilancio effetto di una gestione scellerata

Massimo Troisi Splendor Premio Massimo Troisi Cose che i lettori di "Amici di Massimo Troisi" conoscevano già da tempo, ma ecco le cifre ufficiali del buco di bilancio degli ultimi anni... Assurdo ci sia voluto così tanto per rendersi conto e che si sia dovuti arrivare all'irreparabile ed a sospendere la manifestazione. Speriamo si cambi finalmente l'inerzia delle cose e si riparta presto con un Premio degno di portare il nome di Massimo.

Cristiano 



San Giorgio - Premio Troisi, l'attacco del M5S: disavanzo di 238.000 euro frutto di violazioni amministrative e contabili

Il MoVimento 5 Stelle San Giorgio a Cremano in riferimento al “Premio Massimo Troisi” intende portare a conoscenza dei cittadini il disavanzo di bilancio di € 238.000, frutto di violazioni amministrative e contabili relativamente agli anni 2010 e 2011. La maggior parte delle perdite sono state causate dai mancati incassi sulla bigliettazione, dalla riscossione di crediti rivelatisi poi inesigibili e da presunti contributi di Provincia e Regione mai erogati a causa di “mancanza di idonei titoli”. E' ciò che emerge da una relazione prodotta da una Commissione speciale comunale promossa dal Sindaco per far luce sulle cause che hanno originato la crisi finanziaria dell'Istituzione. Danilo Roberto Cascone, consigliere comunale M5S: "La scellerata gestione del Premio Massimo Troisi è palese. La commissione ad hoc istituita da Giorgiano per studiare il caso, ha un evidente conflitto al suo interno, poiché essendo egli stesso il promotore viene a trovarsi contemporaneamente nella posizione di controllore e controllato. Ricordiamo difatti che il Sindaco per lunghi ha ricoperto la carica di Presidente dell'Istituzione. Per questo motivo, ho fatto io stesso una richiesta, in data 6/3/2013, affinché venisse costituita una Commissione di indagine formata da soli Consiglieri che potesse, senza alcun tipo di conflitto, valutare tutti gli atti e i documenti contabili prodotti negli anni dall’Istituzione. Tale proposta non è stata a tutt'oggi votata in sede di Consiglio comunale, in quanto le sedute continuano a sciogliersi per mancanza del numero legale. Nonostante ciò in data 27/6/2013 ho fatto richiesta della relazione prodotta al termine dei lavori della Commissione promossa dal Sindaco dalla quale si evince in maniera chiara ed inequivocabile la cattiva gestione relativa agli anni 2010 e 2011. Ci rivolgeremo pertanto agli Organi competenti per risalire alle responsabilità che hanno contribuito a generare il cosìdetto "buco di bilancio". Chi doveva controllare? Come mai in passato nessuno ha battuto ciglio? Come al solito i nodi vengono al pettine. Questa volta non dovranno essere i cittadini a rimetterci ma chi ha sbagliato dovrà pagare!"

Fonte: StabiaChannel.it
   

giovedì 8 agosto 2013

Due comuni di Salina litigano per il lungomare dedicato a Massimo Troisi. A Napoli per non discutere non ci si pensa neanche

Il postino Massimo Troisi Philippe Noiret Salina
Due comuni su tre in lite sull'isola di Salina per l'intitolazione di un lungomare a Massimo Troisi. A Napoli e dintorni evidentemente amano la pace: per evitare discussioni non ci pensa proprio nessuno.  
Il comune di Santa Marina Salina ha deciso, nella figura del sindaco Massimo Lo Schiavo, di dedicare una passeggiata al grande attore e regista sangiorgese che sull'isola aveva girato "Il postino", suo ultimo film e testamento spirituale. All'inaugurazione è intervenuta anche Maria Grazia Cucinotta, la Beatrice di cui il postino si innamora perdutamente. A questo punto Salvatore Longhitano, sindaco del comune di Malfa, ha definito di cattivo gusto questa manifestazione, dal momento che le riprese del film sull'isola vennero effettuate sul territorio da lui amministrato e non su quello di Santa Marina. Si lamenta inoltre di aver ricevuto l’invito solo il giorno prima dell’evento, che diserterà "per altri impegni già presi", in base a quanto afferma.
 
Tra un anno ricorrerà il ventesimo anniversario dalla scomparsa di Massimo Troisi, avvenuta nel 1994, poche ore dopo la fine delle riprese proprio de "Il postino". In quell’occasione pare che il viale di Pollara (a Malfa), ripreso in tante scene nel film, sarà intitolato proprio a Massimo. “Non voglio innescare polemiche” - dice il sindaco di Malfa - “né voglio litigare con il sindaco di Santa Marina. È libero di fare quello che vuole, ma qui si tratta di cattivo gusto”. Resta per ora defilato il terzo comune dell'isola, Leni
 
E' vero che il caldo può dare alla testa a tutti, ma appare quantomeno singolare come, a Salina come altrove, attorno alle iniziative dedicate a Massimo Troisi e a chi si prende la briga di organizzarle ruotino sempre polemiche, dissapori, contrasti più o meno strumentali a determinati interessi, rivolti in qualche caso non solo ad omaggiare la sua memoria. Che non litigassero, possiamo intitolare quante strade vogliamo a Massimo, artista e poeta universale. Di certo non gli dispiacerà se gliene dedicano due solo nella piccola isola di Salina. C'è posto per tutti, ma esclusiva per nessuno. Questo è bene lo tenga a mente chiunque a qualunque latitudine.

Buona estate a tutti gli amici troisiani,

Cristiano
 
I comuni dell'isola di Salina si contendono le spoglie di Massimo Troisi. Almeno in senso figurato. Sì, perché è di queste ore – complice probabilmente la calura estiva che dà alla testa – una lite fra comuni avente come oggetto del contendere la memoria dell'attore, scomparso poco dopo la fine delle riprese del film "Il postino", girato a Salina nel 1994.
La querelle agostana vede contrapposti il sindaco di Malfa, set del Postino, e il primo cittadino di Santa Marina Salina, Massimo Lo Schiavo. Quest'ultimo ha deciso di intitolare a Troisi un lungomare del comune, con una cerimonia in pompa magna, alla quale ha preso parte anche l'attrice Maria Grazia Cucinotta in qualità di invitata d'eccezione.
La mossa mediatica non è andata giù al collega di Malfa, Salvatore Longhitano, che parla di "cattivo gusto". "Lo scenario dell'opera – ha spiegato il sindaco all'agenzia Ansa – è quello del mio comune: Pollara, la strada che Troisi percorreva in bici, la casa rosa... Sì, il collega Lo Schiavo mi ha invitato a partecipare, ma solo il giorno prima della manifestazione. Ma io avevo preso altri impegni".
Il prossimo anno, in occasione del decimo anniversario della scomparsa di Troisi, nell'isola è in programma una manifestazione proprio a Malfa: "In quel contesto – spiega ancora Longhitano - il viale di Pollara sarà intitolato a Troisi. Non voglio innescare polemiche, né voglio litigare con il sindaco di Santa Marina. È libero di fare quello che vuole, ma qui si tratta di cattivo gusto".
Defilato il terzo comune dell'isola, quello di Leni, che sta alla finestra a guardare la contesa estiva fra i due sindaci dell'isola delle Eolie. Per inciso, nei mesi invernali i residenti nei tre comuni non superano complessivamente le 2.400 persone.
È proprio vero: con questo caldo che non perdona e che fa brutti scherzi, un buon bagno nelle limpide acque delle Eolie, quantomeno per rilassarsi, servirebbe eccome. A tutti.
- See more at: http://www.resapubblica.it/it/cronaca/2377-contesa-per-la-memoria-di-troisi-fra-i-sindaci-dell-isola-di-salina#sthash.l6VZAivp.dpuf

Contesa per la memoria di Massimo Troisi fra i sindaci dell'isola di Salina

troisi postino 
I comuni dell'isola di Salina si contendono le spoglie di Massimo Troisi. Almeno in senso figurato. Sì, perché è di queste ore – complice probabilmente la calura estiva che dà alla testa – una lite fra comuni avente come oggetto del contendere la memoria dell'attore, scomparso poco dopo la fine delle riprese del film "Il postino", girato a Salina nel 1994.
La querelle agostana vede contrapposti il sindaco di Malfa, set del Postino, e il primo cittadino di Santa Marina Salina, Massimo Lo Schiavo. Quest'ultimo ha deciso di intitolare a Troisi un lungomare del comune, con una cerimonia in pompa magna, alla quale ha preso parte anche l'attrice Maria Grazia Cucinotta in qualità di invitata d'eccezione.
La mossa mediatica non è andata giù al collega di Malfa, Salvatore Longhitano, che parla di "cattivo gusto". "Lo scenario dell'opera – ha spiegato il sindaco all'agenzia Ansa – è quello del mio comune: Pollara, la strada che Troisi percorreva in bici, la casa rosa... Sì, il collega Lo Schiavo mi ha invitato a partecipare, ma solo il giorno prima della manifestazione. Ma io avevo preso altri impegni".
Il prossimo anno, in occasione del decimo anniversario della scomparsa di Troisi, nell'isola è in programma una manifestazione proprio a Malfa: "In quel contesto – spiega ancora Longhitano - il viale di Pollara sarà intitolato a Troisi. Non voglio innescare polemiche, né voglio litigare con il sindaco di Santa Marina. È libero di fare quello che vuole, ma qui si tratta di cattivo gusto".
Defilato il terzo comune dell'isola, quello di Leni, che sta alla finestra a guardare la contesa estiva fra i due sindaci dell'isola delle Eolie. Per inciso, nei mesi invernali i residenti nei tre comuni non superano complessivamente le 2.400 persone.
È proprio vero: con questo caldo che non perdona e che fa brutti scherzi, un buon bagno nelle limpide acque delle Eolie, quantomeno per rilassarsi, servirebbe eccome. A tutti.
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Contesa per la memoria di Massimo Troisi fra i sindaci dell'isola di Salina

troisi postino 
I comuni dell'isola di Salina si contendono le spoglie di Massimo Troisi. Almeno in senso figurato. Sì, perché è di queste ore – complice probabilmente la calura estiva che dà alla testa – una lite fra comuni avente come oggetto del contendere la memoria dell'attore, scomparso poco dopo la fine delle riprese del film "Il postino", girato a Salina nel 1994.
La querelle agostana vede contrapposti il sindaco di Malfa, set del Postino, e il primo cittadino di Santa Marina Salina, Massimo Lo Schiavo. Quest'ultimo ha deciso di intitolare a Troisi un lungomare del comune, con una cerimonia in pompa magna, alla quale ha preso parte anche l'attrice Maria Grazia Cucinotta in qualità di invitata d'eccezione.
La mossa mediatica non è andata giù al collega di Malfa, Salvatore Longhitano, che parla di "cattivo gusto". "Lo scenario dell'opera – ha spiegato il sindaco all'agenzia Ansa – è quello del mio comune: Pollara, la strada che Troisi percorreva in bici, la casa rosa... Sì, il collega Lo Schiavo mi ha invitato a partecipare, ma solo il giorno prima della manifestazione. Ma io avevo preso altri impegni".
Il prossimo anno, in occasione del decimo anniversario della scomparsa di Troisi, nell'isola è in programma una manifestazione proprio a Malfa: "In quel contesto – spiega ancora Longhitano - il viale di Pollara sarà intitolato a Troisi. Non voglio innescare polemiche, né voglio litigare con il sindaco di Santa Marina. È libero di fare quello che vuole, ma qui si tratta di cattivo gusto".
Defilato il terzo comune dell'isola, quello di Leni, che sta alla finestra a guardare la contesa estiva fra i due sindaci dell'isola delle Eolie. Per inciso, nei mesi invernali i residenti nei tre comuni non superano complessivamente le 2.400 persone.
È proprio vero: con questo caldo che non perdona e che fa brutti scherzi, un buon bagno nelle limpide acque delle Eolie, quantomeno per rilassarsi, servirebbe eccome. A tutti.
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martedì 6 agosto 2013

Anna Pavignano ci smentisce direttamente la notizia della sua collaborazione alla fiction su Massimo Troisi

Massimo Troisi Anna Pavignano Da domani mi alzo tardiDopo l'ennesimo rilancio della notizia dell'imminente inizio delle riprese della fiction dedicata a Massimo Troisi avevamo scelto di non pubblicare niente sia a causa di un certo scetticismo riguardo l'operazione sia  perché alcune informazioni venute fuori non ci risultavano veritiere. A riprova di questo Anna Pavignano ha ritenuto di smentire la sua partecipazione alla sceneggiatura della suddetta fiction scrivendo direttamente sul nostro gruppo Facebook. Riportiamo qui sotto le sue parole, certi che le sue decisioni siano volte a tutelare e a rispettare il giusto ricordo di Massimo. Restiamo invece sbigottiti dall'approssimazione giornalistica con la quale si scrivono e si lasciano pubblicare certi pezzi, senza verificare i fatti e chiedere conferma ai diretti interessati. D'altronde siamo nell'era del copia e incolla universale, degli aggregatori e delle testate web dirette da principianti nemmeno in grado di scrivere due righe. Le bufale ci mettono un istante a entrare in circolo e a rimbalzare di pagina in pagina.

Un abbraccio a tutti,
Cristiano


NON MI RESTA CHE SMENTIRE. Molti amici me lo stanno chiedendo in privato e rispondo a tutti: non sto scrivendo la sceneggiatura della fiction su Massimo Troisi. Se è vero che a ottobre inizieranno le riprese, probabilmente lo stanno facendo altri colleghi. A suo tempo, quando mi fu proposto di scrivere la sceneggiatura, rifiutai l'offerta. Non senza conflitti. Per me, che tanto ho condiviso con lui, scrivere questa storia implicava qualcosa che andava al di là del lavoro e non me la sono sentita. Avevo già scritto il libro "Da domani mi alzo tardi" e quindi avevo già raccontato Massimo a modo mio. La notizia che io sono l'autrice della sceneggiatura della fiction è uscita su vari giornali e non so come ci è arrivata, ma a me non resta che smentirla.

Anna Pavignano

giovedì 1 agosto 2013

Anche Maria Grazia Cucinotta a Salina per la serata del 2 agosto dedicata a Massimo Troisi

Massimo Troisi Il postino Der Postmann
La seconda edizione del MareFestival in programma a Santa Marina di Salina continua con una ricca e variegata programmazione. La serata del 2 agosto, dedicata a Massimo Troisi, alla presenza di Maria Grazia Cucinotta e Nicolas Vaporidis, sarà arricchita dalla partecipazione di John Real, Matteo Tosi e Federica De Cola.
Matteo Tosi reciterà la poesia “Grazie”, scritta da Troisi, per rendere omaggio al celebre attore. Nel pomeriggio al Club Halgoduria, a pochi passi dalla passeggiata che sarà intitolata a Massimo Troisi, l’inaugurazione della mostra fotografica “Sulle rotte di Eolo” di Gianmarco Vetrano. 
  
Ricordiamo che in questa occasione l'omaggio più grande a Massimo sarà l'inaugurazione di una passeggiata del lungomare e di una scultura a lui dedicate. Chapeau per l'isola di Salina.

Buona estate a tutti,

Cristiano