venerdì 22 giugno 2012

La verità di Enrico Fiore in risposta ad "Amici di Massimo Troisi"

Non avevo potuto fare a meno di definire il taglio dell'intervento di Enrico Fiore per "Un poeta per amico" su Raiuno un emblema della superficialità e dell'incomprensibilità di alcune scelte di questa evento dedicato a Massimo (nel post che potete rileggere qui http://amicidimassimotroisi.blogspot.it/2012/06/riguardando-un-poeta-per-amico-tra.html). Adesso, oltre a scoprire con grande gioia che il signor Fiore ci legge e ciò che scriviamo tra post e commenti gli stimola argomentazioni, non posso esimermi dal riportarvi un articolo del suo blog partorito anche a causa di "Amici di Massimo Troisi". Articolo che forse racconta una verità scomoda, paventa la peggiore delle ipotesi che motivano la scomparsa del suo intervento in trasmissione. Ad Enrico Fiore va tutta la nostra stima e solidarietà, che spero attenuino almeno un briciolo di delusione. D'altronde lui come Massimo è un uomo d'altri tempi, probabilmente oggi fuori dal suo tempo per serietà e onestà intellettuale.

Cristiano


Non me ne sarei occupato più. Ma poiché sul sito «Amici di Massimo Troisi» e su Lettera43.it trovo dei commenti a quella trasmissione (e in particolare a quanto è capitato a me nel corso di quella trasmissione), mi vedo costretto, adesso, a qualche chiosa circa l'«omaggio» allo stesso Troisi andato in onda su Raiuno, col titolo «Un poeta per amico», il 5 giugno scorso.
Dunque, succede che la domenica precedente mi telefonino a casa Giorgio Verdelli, uno degli autori dell'«omaggio», ed Enzo Decaro, un altro degli autori nonché conduttore del programma, per invitarmi a partecipare alla trasmissione: visto che, ricordano i due, io fui, in pratica, lo scopritore (giornalisticamente e criticamente parlando) della Smorfia. E, in particolare, Decaro mi invita a rievocare la circostanza singolare - il passaggio in macchina offertomi da lui fino a Castellammare, dove all'epoca vivevo - da cui scaturì il mio primo incontro con il trio, allora sconosciuto, di San Giorgio a Cremano.
Accetto l'invito, in memoria di Troisi, e lunedì 4 giugno registro nell'Auditorium del Centro di produzione della Rai di Napoli (facendo l'una di notte) l'intervento concordato con Decaro. Ma il giorno dopo, appunto il 5 giugno, rimango letteralmente di stucco davanti al televisore: l'intervento in questione era stato completamente tagliato.
Di conseguenza, il giorno successivo, alle ore 10,53, mando a Francesco Pinto, direttore del predetto Centro di produzione della Rai di Napoli, la seguente mail:
«Caro Francesco,
mi sai dire che senso ha avuto invitarmi a partecipare a "Un poeta per amico", dichiarare in trasmissione che sono non "un critico" ma "il critico" e, poi, non farmi dire nemmeno una parola? Il risultato è stato che, nel corso del programma, nessuno ha spiegato ai telespettatori perché Massimo Troisi era un grande attore e in che cosa si distingueva dai suoi colleghi. Forse, senza questa omissione, si sarebbe reso alla sua memoria un omaggio migliore».

Alle 14,52 dello stesso giorno Pinto mi risponde laconicamente, sempre con una mail:
«Caro Enrico,
mi dispiace molto per quello che è successo». Così, senza alcuna spiegazione. E allora provo io, a dare una spiegazione dell'accaduto. Nel corso del mio intervento, io avevo detto, fra l'altro, che il merito principale di Massimo Troisi era stato quello di liberare il teatro napoletano dalla vera e propria palla di piombo che si è trascinato e ancora si trascina al piede: il bozzettismo naturalistico. E magari una simile dichiarazione risultava indigesta, per l'appunto alla rete ammiraglia della Rai che aveva appena finito di mandare in onda - grazie alle commedie di Eduardo De Filippo nella versione di Massimo Ranieri - un autentico trionfo di quel bozzettismo.
   «A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca», dice un certo Giulio Andreotti. E insomma, non è che dobbiamo parlare di censura? Se sì, mandiamo tanti bei saluti alla cultura (fa pure rima) di cui ci si riempie la bocca ad ogni pie' sospinto.

Enrico Fiore

FONTE: http://blog.libero.it/Controscena/11392619.html 

UPDATE: Enrico Fiore ha letto anche questo post e mi ha scritto queste due righe: 
"Caro Cristiano, grazie a Lei, per quanto fa, in memoria di Massimo Trosi, al di fuori degli interessi di bottega dei tanti che oggi si riempiono la bocca col suo nome (così come con quello di Annibale Ruccello) soltanto per mettersi in mostra o, peggio, per mettersi dei soldi in tasca. Enrico Fiore
Ha centrato in pieno la ragione unica per cui esiste questo blog, e che dovrebbe muovere tutti, volti più o meno noti e non, senza secondi fini quando si parla di Massimo Troisi. Chapeau.

lunedì 18 giugno 2012

Massimo Troisi come Viviani ed Eduardo secondo Enrico Fiore, "il critico" teatrale

Eccolo qui, ancora lui, il piccolo grande Enrico Fiore. Ho scritto di lui proprio recentemente, nel post dedicato alle mie riflessioni su "Un poeta per amico (clicca qui per leggere). Il suo racconto, registrato ma tagliato per intero e senza alcuna motivazione logica nella messa in onda di Raiuno, è riportato in parte in questa bella intervista di "Lettera 43". Interessanti anche l'accostamento di Massimo a Raffaele Viviani, grande autore autodidatta capace di parlare di qualsiasi argomento in maniera lieve e profonda, e il parere di Fiore su Alessandro Siani, in cui ritrovo punti di contatto col mio pensiero qui pubblicato insieme ad un video che montai un pò di tempo fa... (clicca qui per l'articolo e il video)

Leggere le parole del "critico" per eccellenza, come l'ha definito Decaro, ci riporta alla vera essenza del teatro, alla sua arte e alla sua funzione sociale. Tanto affascinante sentirne parlare, tanto triste constatare quanto oggi tutto questo non esista quasi più.
Cristiano



È convinto che «certe morti sono emblematiche» e che la prematura scomparsa di personaggi come il drammaturgo Annibale Ruccello (che morì a 30 anni) o l’attore Massimo Troisi (che se ne andò a 40 anni) vada interpretata come una sorta di preveggente uscita di scena, anzi un atto di autodifesa «rispetto ai tempi beceri che oggi viviamo e con i quali Ruccello e Troisi mai si sarebbero ritrovati in sintonia».
RAPPRESENTANTE DEL TEATRO NAPOLETANO. Enrico Fiore, critico teatrale nato a Castellammare di Stabia, per gli operatori culturali che contano rappresenta il teatro napoletano: ha raccontato - severo e giusto - quello degli Anni 60 dei grandissimi Totò, Nino Taranto, Peppino ed Eduardo De Filippo, e degli Anni 90 di Toni Servillo e Mario Martone («Lo ricordo all’esordio, aveva 17 anni») e dello stesso Troisi, il cui talento Fiore scoprì grazie a un fortuito passaggio in auto. E quello di oggi, che a lui appare ridotto a «puro scambio commerciale» nel nome della «necessità di assicurarsi la sopravvivenza», ma anche in grado di far riempire gli stadi a interpreti come Alessandro Siani, uno «tutto forma e niente contenuto».
DOMANDA. Come ha conosciuto Massimo Troisi?
RISPOSTA. Una sera, dopo uno spettacolo, un giovanotto che ancora non si chiamava Enzo De Caro mi offrì un passaggio in auto. Non ho la patente, accettai. All’arrivo a casa, a Castellammare, il giovanotto disse: 'dotto’, faccio teatro con due amici, presto le chiederemo di venire a vederci'.
D. Mantenne la promessa?
R. Due mesi dopo, mi telefonò per invitarmi al teatro Sancarluccio. Era il 1977: lui, Lello Arena e Massimo Troisi (il trio de La smorfia) recitavano in Così è se vi piace, una parodia di Luigi Pirandello.
D. Come fu lo spettacolo?
R. Rimasi sbalordito dalla loro originalità.
D. Perché erano così speciali?
R. Rispetto al solito cabaret politicamente schierato, La smorfia agiva sul linguaggio: demoliva retorica e luoghi comuni su Napoli usando l’iperbole, il paradosso, la dimensione surreale e poi riconduceva il tutto alla quotidianità dell’uomo comune.
D. Qualche esempio?
R. Il monologo con il Padreterno: senza saperlo, Troisi lì fece surrealismo, espressionismo, dadaismo.
D. Le ricordava qualcuno o qualcosa?
R. L’innocenza autodidatta di Raffaele Viviani, il più grande fra gli autori napoletani che non a caso oggi viene ripreso da nomi di rilievo internazionale come Cristoph Marthaler e Robert Wilson.
D. Troisi figlio di Viviani?

R. Simile è la capacità di tirar giù di peso argomenti aulici fino al livello dei più emarginati o di chi, come gli zingari, è ritenuto border line. Un esempio è la scena dell’Annunciazione nella «umile casa di un pescatore», in cui si irride alla ripetitività del rito codificato.
D. Oppure?
R. L’esercizio di una religiosità basata sul rapporto individuale, ma anche critico e libero verso Dio, che è proprio della cultura ebraica.
D. Ci spieghi.
R. Nel famoso monologo, il Padreterno viene senza complimenti rimproverato da Troisi per i presunti errori commessi durante la creazione.
D. Quale è stato il merito principale di Troisi?
R. L’aver liberato il teatro napoletano dalla sua eterna palla al piede: il bozzettismo naturalistico, che invece abbiamo purtroppo ritrovato di recente nelle commedie di Eduardo De Filippo proposte in Rai da Massimo Ranieri.
D. Come finì quella serata del 1977 in cui conobbe La smorfia?
R. Mi offrirono un passaggio in auto fino a Castellammare.
D. Un altro.
R. Già. Troisi, fingendo di non aver capito niente, si divertiva a chiedermi allarmato se le cose che stavo dicendo su di loro fossero da considerarsi buone o cattive. Insomma, se doveva ridere o piangere.
D. E poi?
R. Scrissi un articolo su Paese Sera: fu un importante viatico, di cui i tre mi sono sempre stati riconoscenti.
D. A chi somiglia Troisi?
R. A Eduardo De Filippo nella recitazione, a Viviani nei contenuti. Ma l’ironia corrosiva con cui sapeva prendere in giro perfino se stesso era soltanto sua. E resta inimitabile.
D. Come si comporterebbe, oggi?
R. Una sera, ormai famoso, Massimo mi confidò: devo stare attento, mi offrono un sacco di soldi per convincermi a fare cose che non mi piacciono. Ma io non voglio svendermi.
D. Quindi?
R. Ne sono certo: se fosse rimasto fra noi, non avrebbe mai accettato di recitare cose indegne.
D. Avrebbe scelto il cinema o il teatro?
R. Non avrebbe fatto teatro, visto che oggi è un fenomeno puramente mercantile basato sulla pratica degli scambi di spettacoli per allestire cartelloni e sostenere i budget.
D. In che misura Troisi, da vivo, avrebbe condizionato il nostro stile di vita?
R. Non credo che avrebbe inciso in alcuna misura.
D. Perché?
R. Il Troisi di oggi si chiama Alessandro Siani, frutto dei tempi: è uno che tenta invano di imitare Massimo e riempie gli stadi con battute come «secondo me, secondo te, Secondigliano». Che sono pura idiozia.
D. Di chi è figlio il fenomeno Siani?
R. Di un pubblico che non pensa.
D. Cioè?
R. Siani per me è pura superficie. Dopo un suo spettacolo, non resta niente.
D. Non è un giudizio troppo severo verso il giovane comico?
R. Mi dispiace, ma non è in grado di sostenere neanche quella che tecnicamente si chiama la carrettella.
D. Cos'è?
R. È la capacità - tipica dei grandi del teatro comico - di riprendere e rilanciare la battuta finale di un monologo riaccendendo a ripetizione risate e applausi in sala.
D. E allora?
R. Un bravo attore, che conosce i tempi giusti, riesce a tirarla avanti divertendo il pubblico anche per 10 minuti: lui, no. Le sue battute fulminee muoiono in sé.
D. Come sta, più in generale, il teatro comico napoletano?
R. Sono figli delle tivù locali, a volte cooptati a sproposito a livello nazionale.
D. Se Troisi ci fosse ancora, il teatro napoletano starebbe meglio?
R. Oggi il contenuto non c’è più, tutto è vuota forma: nessuno potrebbe migliorare la triste realtà.

    

mercoledì 13 giugno 2012

4 giugno 1994 – 4 giugno 2012: diciotto anni senza Massimo Troisi

Aveva detto “non dimenticatemi”. Con un filo di voce, sofferente e alla vigilia della sua scomparsa, aveva deciso di salutare in questo modo la troupe del suo ultimo capolavoro, “Il postino”, riunita per festeggiare la fine delle riprese. Che fu anche la fine della sua breve vita. Oggi, a diciotto anni dalla sua scomparsa, quelle parole sembrano urlare alle orecchie di chi l’ha amato e lo ama ancora: “non dimenticatemi”.
Non una dichiarazione alla Troisi.

Lui, sempre chiuso in se stesso, imbarazzato dai suoi sentimenti, continuamente in lotta con le sue emozioni, difficilmente si era lasciato andare in questo modo. L’ha fatto prima di andarsene, dicendo forse la frase più scontata e banale della sua straordinaria ed irripetibile carriera. Impossibile dimenticarlo, impossibile non sentire la sua presenza ancora oggi. Per quasi vent’anni ha raccontato all’Italia e al mondo una Napoli lontana da ogni riduttivo e mortificante stereotipo, costringendo il pubblico non napoletano a capire il suo dialetto, la sua lingua fatta più di gesti che di parole, il suo mondo di risate e nostalgia, comicità irresistibile e tenera visione della vita.
“Il successo è solo una cassa amplificatore…viene fuori quello che tu sei prima”, disse in un’intervista di Gigi Marzullo. Con la sua popolarità è venuto fuori uno dei più grandi attori che Napoli e l’Italia intera ha potuto ammirare, un vero e proprio filosofo del Novecento, un ragazzo di San Giorgio a Cremano che ha saputo accogliere l’eredità di Totò e dei De Filippo senza mai cadere nell’imitazione, nella copia mascherata dei grandi del passato, raggiungendo anzi la loro altezza con la sua semplicità e la sua grandezza d’animo.

Oggi, diciotto anni dopo, il 4 giugno il cielo sembra esprimere la tristezza di chi ha rubato alla terra un genio unico, la mancanza di Troisi si sente anche nell’eredità che lui ha lasciato e che nessuno ha saputo raccogliere. Inutile cercare di affibiargli un erede, un Siani qualunque, con tutto il rispetto per il simpatico comico napoletano: Massimo resterà “una di quelle persone che si incontrano quando la vita ha deciso di farti un regalo”, una luce eterna che, se fosse ancora in vita, avrebbe illuminato ancora più forte la sua città. Chissà cosa avrebbe fatto, in che modo ci avrebbe regalato ancora delle perle indimenticabili, con quali film e quali frasi avrebbe fotografato la Napoli di oggi. Il condizionale è d’obbligo, purtroppo. Massimo non c’è più. Massimo ha deciso di viaggiare lontano da questa terra, lasciandoci orfani di un fratello che riesce ancora oggi a farci ridere e piangere. Piangiamo perché non c’è più, ridiamo perché c’è stato. E c’è ancora, anche se non fisicamente. Perché Massimo Troisi resterà un figlio di Napoli che non smetterà mai di vivere nel ricordo di chi lo ha amato. Un ricordo che la Rai ha deciso di trasmettere in una puntata speciale condotta dall’amico Enzo Decaro, in cui artisti e amici vari hanno commemorato la sua scomparsa. Massimo da lassù ha riso con loro, forse ha riso di loro, perché a lui non piacciono le celebrazioni. Ma lo avrà fatto di nascosto, perché la sua delicatezza non gli avrebbe permesso di essere irrispettoso.

Pierpaolo Orefice
  

sabato 9 giugno 2012

Riguardando "Un poeta per amico": tra "Telethon" e "Alle falde del Kilimangiaro" prevale l'amarezza di non aver fatto abbastanza

Poco Massimo, poche emozioni. Resta certamente l'amaro in bocca di un'occasione persa per ricordarlo in maniera non convenzionale, più sentita e sensata. Non ho cronometrato, ma credo che su due ore di trasmissione montata forse nemmeno la metà del tempo è stato impiegato a parlare davvero di Massimo Troisi e a dedicargli pensieri, ricordi, ringraziamenti. Ne è venuto invece fuori uno strano incrocio tra "Telethon" e una puntata di "Alle falde del kilimangiaro" che ha deluso molti.
Ero presente all'auditorium della Rai di Napoli durante la registrazione e solo riguardando poi tutto quello che hanno trasmesso in tv ho capito meglio le numerose critiche che hanno infuocato il nostro gruppo facebook. Alcune scelte sono risultate davvero incomprensibili, superficiali. Un esempio su tutti: l'intervento e il racconto del grande critico teatrale Enrico Fiore completamente tagliato. Si era prodigato in un lungo racconto, che certo doveva essere ridotto, ricco di deliziosi aneddoti su La Smorfia, i cui componenti erano stati definiti da lui "marziani". Invece nulla, in trasmissione si vede solo lui che avvicina il microfono alla bocca e poi stop. Stacco e andiamo avanti. Poi invece ci lasciano il racconto delle tastiere anni  '70 di Gaetano Curreri, a cui va comunque tutto il nostro rispetto. E pensare che le parole di Fiore erano una delle poche cose interessanti e inerenti della serata.  
E' solo un esempio, vi dicevo. Oltre tre ore di materiale registrato in studio, alcune delle cose scartate e non utilizzate erano le migliori. In sala, dal vivo, un qualcosina in più che c'entrasse con Massimo si era fatto. Niente di straordinario, certo, ma allo spettatore da casa non è rimasto nemmeno quello. Ed è comprensibile la delusione, nonostante il 14,4% di share che comunque testimonia la sete di Massimo che ancora oggi hanno gli italiani. Sete rimasta insoddisfatta per anni e che adesso si protrarrà chissà ancora per quanto tempo.
Ad ogni modo devo constatare ancora una volta, mio malgrado, che sono pochissime le persone che possono dare emozione e giustizia al ricordo di Massimo Troisi. Che sia arrivato magari il momento di dar voce alla gente comune, non famosa, anche se non ha avuto la fortuna di conoscerlo direttamente? Proprio ieri ho letto una dichiarazione di Lello Arena che sembra pensarla allo stesso modo: "Massimo doveva essere messo in condizione di recitare ancora. Lui resta fonte di ispirazione non ricordo asettico. Vive tra la gente. Sarebbe stato importante veicolare le testimonianze di cittadini comuni che spesso incrocio: mi abbracciano, si commuovono soltanto perchè ho avuto la fortuna di lavorare con lui, di vivere il quotidiano con lui. Ecco, questa sarebbe stata la vera commemorazione di un personaggio unico e intramontabile". A costo di peccare di presunzione tiro in ballo noi, il nostro gruppo, composto da tanti irriducibili con una forte passione e una storia da raccontare riguardo Massimo. Emozione e qualità, anche se non dovrei dirlo io. Però vuoi mettere che non costiamo niente e che al posto di martellare la gente con l'sms solidale in beneficenza in Africa ci mandi direttamente i soldi, pur risicati, della produzione? Conosciamo veramente Massimo, non come alcuni passati dalla Rai di Napoli lunedì che probabilmente non sapevano nemmeno chi era, avremmo fatto sicuramente una cosa più emozionante, di contenuto, con criterio. Avevo inviato alcuni dei post di questo blog a Enzo, riguardanti la poesia e l'accostamento di Massimo a grandi poeti e scrittori. Magari non avrà avuto nemmeno il tempo di leggerli. Ma c'erano sei (e dico, sottolineo sei) autori preposti a scrivere un programma, sei menti che dovrebbero far questo di mestiere. Si poteva e si doveva tirar fuori di più. Mancava un'idea, un collante, un nesso, un filo rosso. Io, che non sono nessuno, butto lì un'idea: si poteva procedere per parole chiave tratte dai lavori di Massimo, con letture, riflessioni, citazioni. Amore, malattia, lavoro, religione, poesia, politica e così via. E invece troppa musica (alcune canzoni decisamente fuori tema), pochi fatti. Io che a volte mi chiedo se davvero sarei in grado di fare questo mestiere in questa occasione ho intravisto lampi di ottimismo personale.
Una domanda mi sorge poi spontanea: Enzo Decaro ha almeno supervisionato il montaggio? Ma soprattutto chi e come ha montato il tutto? Sul finale si sente Enzo, in un frangente tagliato malissimo, parlare come se la pianista Rita Marcotulli avesse tradotto un qualcosa in lingua napoletana. Quello che poi si scopre essere la poesia brasiliana riscritta in dialetto da Massimo. Emerge una certa improvvisazione e il pubblico, che non è stupido, se ne accorge. Ci sarà stato sicuramente poco tempo per le prove e solo la postproduzione ha celato, a volte maldestramente, i diversi errori e problemi tecnici della serata. Sono dell'opinione che una cosa o la si fa bene o non la si fa affatto. E che Massimo meritava una cosa fatta bene. Artisti senza alcun legame con lui messi lì in vetrina sembravano improvvisare anche loro (il leader degli Stadio canta una canzone del suo maestro Lucio Dalla con un foglietto in mano per leggere le parole???). Tra tutti salvo Enrico Fiore (che ho potuto ascoltare solo io), il grande Renato Scarpa (ma qui nessuna sorpresa) e  l'intervento di Anna Pavignano. Di ottima fattura anche il duetto sax soprano-sax tenore targato Di Battista-Senese, prodigatisi in una canzone scritta da Massimo a quattro mani con Gaetano Daniele. Il resto è noia, condito dalla demagogia spicciola di Alessandro Siani che gioca sul sicuro nell'accattivarsi le folle giocando sullo psicodramma Equitalia, apre il contributo video parlando inspiegabilmente della vittoria della Coppa Italia, sfoggia una furba riverenza verso il nostro (non si fa mancare un pizzico di retorica: Massimo era nei cuori della gente già prima della sua morte) e parla nostalgicamente di una Napoli "non banale, educata, dolce, arguta" salvo poi fare di un personaggio come Tatore il suo cavallo di battaglia. E vogliamo sorvolare sull'errore relativo alla data della morte di Massimo, un "5" giugno ridoppiato malissimo in "4" da qualcuno in Rai. 
Nobilissimo il fine della beneficenza (400 mila euro raccolti via sms), nulla da dire sulle buone intenzioni di Enzo Decaro. Non credo assolutamente a speculazioni di sorta o a scelte fatte in malafede e per convenienza. Si è sbagliato, è venuta fuori una cosa sicuramente non soddisfacente. Per fretta, inadeguatezza o non so cos'altro.
Chiudo ritornando per un attimo su Renato Scarpa, di cui forse pochi conoscono bene lo spessore umano, svelando un aneddoto che serve a inquadrare meglio un uomo, prima che un attore, di altri tempi. Alla Massimo, potremmo dire. Uno dei pochi che quando parla di lui si illumina, si commuove e si emoziona sempre, gli è sinceramente grato, proprio come noi. Sei certo che non ha secondi fini, materiali o egocentrici. Lunedì sera ha dovuto ripetere il suo ingresso con la bici due volte e tra la prima e la seconda aveva il microfono acceso. Si è sentito chiaramente quando ha detto a Decaro: "No, non dico cose non vere". Ho capito durante il suo intervento di cosa parlava, anche conoscendo alcuni retroscena. Ha detto davanti alle telecamere che la bici che aveva tra le mani era quella che usava perlopiù Gerardo Ferrara, controfigura di Massimo ne "Il postino". Volevano che dicesse diversamente, non l'ha fatto e hanno poi tagliato il relativo passaggio nel montaggio definitivo, in cui resta solo Decaro che ringrazia il sindaco di San Giorgio per aver concesso la bici. Racconto questo episodio non per far gossip, ma per far conoscere meglio di che pasta è fatto Renato Scarpa, professionista silenzioso e grande persona, conosciuta di recente a San Giorgio a Cremano. Mi piacerebbe molto vedere, anche se so per certo che non ne avrò mai la possibilità, un qualcosa organizzato e gestito proprio da lui in memoria di Massimo. Sono sicuro che metterebbe d'accordo molti di noi, se non tutti. Basta poco, basta il cuore.
Cristiano

mercoledì 6 giugno 2012

Il saluto e la dedica di Marco Zurzolo ad "Amici di Massimo Troisi"

Con molta umiltà lascio questo mio brano live dedicato a Massimo, suonato a Villa Bruno (a San Giorgio a Cremano) il giorno della sua morte. Condivido gran parte di quello che avete scritto sul vostro gruppo Facebook. 
Un abbraccio a tutti voi, 
Marco
 
 
Purtroppo io non ho mai avuto la fortuna di conoscere Massimo, però ho saputo di recente che lui amava e suonava il sassofono. Allora mi è piaciuto pensare che non è del tutto casuale che stasera ci sia io a suonare per lui.

Possibile che non si sappia più niente, ma più niente di nessuno? Certe volte immagino un posto nel mondo dove ci sia un foro, un buco, dove si possa guardare dall'altra parte.

Quante albe dobbiamo contare senza di te, piogge incredule e notti inesistenti? E quanta gente in quei tuoi occhi smarriti dalla malinconia? Solo sabbia nelle scarpe, vento fra i capelli, neve in mezzo ai denti. Ecco, ora apri la porta e con quei tuoi gesti insoliti pronunci parole comprensibili di umanità e guardi il cielo per capire da che parte sta. Poi intrepido cavalchi nuvole e ippogrifi, centauri e gabbiani, burlando anche la luna sorridendo fai un gesto e un cenno con la mano. E vinci di dialettica con la tua faccia sapida, enunci con orgoglio che sei napoletano, anzi più di preciso di San Giorgio a Cremano.

Marco Zurzolo
Clicca qui per ascoltare la versione live di "Sbarcando nell'altra parte del mondo" di Marco Zurzolo
Un grazie di cuore a Marco Zurzolo, grandissimo sassofonista e grandissimo uomo. Un vero amico di Massimo, che usa e mette in pratica la parola "umiltà" concretamente, come lui, perché facente parte di un naturale modo di essere. Se siete nei pressi di dove suona dedicategli una serata, garantisco che ne varrà ampiamente la pena.
Cristiano

martedì 5 giugno 2012

Il nostro omaggio a Massimo, umile ma onesto, al Piccolo Teatro Troisi di Giuseppe Gifuni (VIDEO)

Giuseppe Gifuni ha due passioni infinite: Massimo Troisi e il teatro. E la cosa più bella è che sono passioni fini a se stesse, che costano sacrifici e sforzi immensi ripagati con la loro semplice continuazione. Una ha alimentato l'altra: l'incontro e l'amicizia con Massimo ha legato indissolubilmente Giuseppe al teatro. Qui trovate una mia intervista a lui realizzata da me anni fa, in due parti: http://www.youtube.com/watch?v=XDtq1nRtUw8 (PRIMA PARTE), http://www.youtube.com/watch?v=p96W5a4lnWs (SECONDA PARTE). A questa rimando per conoscere meglio, qualora lo vogliate, la storia sua e quella dell'amicizia con il Nostro.

Qui desidero invece spendere due parole sul Piccolo Teatro Massimo Troisi, voluto da Giuseppe, realizzato con caparbia e, ancora una volta, tanta passione. Un luogo speciale, magico, dove Massimo viene fuori da ogni locandina, da ogni foto affissa ai muri, da ogni tavola del palcoscenico. Lui ha iniziato da una pedana simile prima all'oratorio della parrocchia di Sant'Anna e poi al Centro Teatro Spazio. Pedana che rappresenta il grado zero del teatro, impareggiabile fonte di aggregazione e socialità, sempre più rara al giorno d'oggi. Anni addietro abbiamo provato ore e ore su palchi scarni, "umili ma onesti". Ricordo con grande gioia quei momenti e quelle esperienze.
Quando Giuseppe mi ha invitato per un piccolo intervento nell'ambito di una sua kermesse comica organizzata per l'anniversario del 4 giugno, proprio al Piccolo Troisi, l'emozione non mi ha impedito come altre volte di dire subito sì. Emozione che traspare lampante dal video che trovate ai piedi del post. E devo dirgli ancora una volta grazie per averci dato l'occasione per ricordare ennesimamente Massimo alla nostra e alla sua maniera, con semplicità e divertimento. E per avermi fatto ricordare ancora una volta (non che ce ne fosse bisogno, ma un ripasso non fa mai male) la bellezza e l'unicità dell'equazione passione=emozione.

Cristiano