venerdì 27 gennaio 2012

Manifesto di "Amici di Massimo Troisi", firmato da Peppino De Filippo

Non credo nella opportunità delle commemorazioni [...] L'opera [di teatro], se valida, è cosa viva e vitale; e nella sua vitalità non può fare a meno di portarsi appresso, altrettanto vivo, il suo Autore. I vivi non si commemorano: si onorano. O, almeno, si dovrebbero onorare. [...] Come è possibile "immusonirsi" parlando o scrivendo a un uomo provvisto, come te, di una tanto ricca dose di senso dell'umorismo?
(Peppino De Filippo, 1960, all'amico Armando Curcio, da poco scomparso)

   
Non avrei saputo descrivere con parole migliori ciò che faccio, o almeno mi propongo di fare, attraverso questo blog. Grandissimo Peppino, attore e autore di bravura mai abbastanza riconosciuta e celebrata, di cui Massimo fu un accanito ammiratore. Sapevate che proprio lui scrisse l'introduzione del libro "Il buffone e il poveruomo - Il teatro di Peppino De Filippo", di Giulia Lunetta Savino, uscito nel 1990?

Buon weekend a tutti.

Cristiano

venerdì 13 gennaio 2012

Massimo Troisi e Pino Daniele, uno stesso sentire per le pene d'amore e non solo

La sofferenza in amore è un vuoto a perdere, non ci guadagni niente, a parte i cantautori che ci scrivono 'e canzoni... 
(Massimo Troisi)
   
Come due amici che riempiono il tempo con la propria arte, Massimo Troisi e Pino Daniele scrissero due canzoni in macchina. Parole del primo, arpeggi del secondo per "T'aggia vede' morta" e " 'O ssaje comme fa 'o core". Una sferzante, l'altra decisamente più malinconica, ma entrambe tese a esorcizzare e quindi confermare le pene d'amore. 
 
Ad "Alta Classe" (1992), con Gianni Minà, Massimo recita i versi di "'O ssaje comme fa 'o core", proprio sugli arpeggi di Pino. Lui che cantava non beccando proprio tutte le note, tanto in privato con gli amici, organizzando veri e propri Festival di Sanremo domestici, quanto talvolta anche in pubblico (vedi "La porti un bacione a Firenze/Lacreme napulitane", con Renzo Arbore in tv).  
Riporto di seguito il video di "Alta Classe" e due significative dichiarazioni di Pino Daniele, estensione in musica dello stesso sentire di Massimo e non a caso compositore di alcune colonne sonore per le sue pellicole, musiche che - come sostiene in generale Michael Radford - non accompagnano semplicemente un film, ma ne esprimono l'anima.  

Intervistatore: "C'è un brano che non è mai presente nei suoi show, T'aggia vede' morta, come mai?"
Pino Daniele: "Il testo è di Massimo. Ricordo perfettamente che eravamo in macchina e lui buttò giù le parole. Non riesco proprio a cantarlo, la malinconia mi strozzerebbe le parole in gola"
 (2008)

"Ragazzi, ho dimenticato di andare a prendere Massimo stasera. Ma l'ho visto, sta ccà." 
(Pino Daniele durante un suo concerto del 1994)

Tanti anni fa uno striscione recitava: "Pino Daniele sul palco, Massimo Troisi nel cuore".


                                                     

sabato 7 gennaio 2012

Amarcord: "Amici di Massimo Troisi" al Centro Teatro Spazio, San Giorgio a Cremano, nel 2003


Gli anni passano, la passione resta. Le emozioni si moltiplicano. Come nel ritrovare questa foto storica del gruppo, in compagnia di Daniela V.

Sono passati nove anni ma Massimo ci unisce sempre più. Il nostro pensiero va al mitico Renato Barbieri, fondatore del Centro Teatro Spazio. Ancora oggi uno di noi, da lassù, insieme al Nostro.

Cristiano
  

mercoledì 4 gennaio 2012

Massimo Troisi, la passione che non delude mai. Racconto di una giornata alla mostra fotografica di "Che ora è"

Alle volte ci accingiamo imperterriti a cercare ciò che più amiamo con l’idea di trovare a tutti i costi quello in cui crediamo. Non sempre è così, ma in questo caso…

Che ora è? Ore 8:05 stazione Termini, binario 25, avevo dimenticato che fosse uno degli ultimi, una distanza da accorciare solo correndo.

Ore 8:15  partenza: direzione Civitavecchia.
Immediatamente l’affanno subiva un arresto inaspettato, aprendo il varco ad uno stato emotivo già noto: una serenità; un affetto improvviso a dir poco familiare; una voglia di andare, tornare e di nuovo andare, pur di ritrovare… Un po’ come capita a chi si mette in viaggio per ritrovare un proprio caro portato via dal tempo, che ad un certo punto e chissà per quale arcana ragione ci si ritrova a rivivere comunque in un modo o nell’altro. 

Mentre il treno si muoveva lentamente e si lasciava alle spalle gli addii delle partenze, poco lontano, alla mia sinistra, altri suoi simili fermi, in rimessa, forse in disuso mi hanno portato alla mente l’immagine di quel bambino che ogni anno sperava in un dono diverso, ma che puntualmente riceveva sempre e solo l’ennesimo trenino. Che scema quella befana!  
 
All’arrivo, Civitavecchia aveva l’aspetto tipico che si scorge quando il vento e la pioggia bisticciano con il mare dando origine a suoni, immagini e addirittura dialoghi, ben rappresentati nell’invenzione di Ettore Scola, trasfusa nella pellicola del 1989 propriamente intitolata “Che ora è”.
Uno dei capolavori più delicati sul tema del contrasto generazionale padre-figlio, ma soprattutto di un padre e di un figlio che con un po’ di ritardo scoprono di non conoscersi abbastanza e che lentamente, ripercorrendo  le fila dei ricordi e delle parole non dette, portano alla luce i disagi e le incomprensioni trascorse. Il tutto dietro uno scenario fermo, dalle luci basse; che sa di umido come tutti i ricordi, anche un po’cupo, che paradossalmente rende vivo tutto ciò che viene a galla.

A distanza di 22 anni il teatro Traiano di Civitavecchia rende omaggio ai protagonisti del film, Massimo Troisi e Marcello Mastroianni, con una mostra fotografica realizzata con le foto di Mario Tursi, da poco scomparso.
All’arrivo il teatro sembrava attendermi, entro, mi giro intorno, un po’ disorientata direi, forse dall’emozione. Un momento assai difficile da descrivere, volevo riempirmi di quegli sguardi, umori, sorrisi accesi, accennati, di ogni ghigno impresso lì sulle stampe, riempirmi di tutto ciò che era stato.
Inizio pian piano a scorgere una serie di foto, ordinate in successione in base alle scene del film. Più che in un teatro sentivo di stare in una chiesa, un luogo caro, ma sacro.
Lentamente mi sono affacciata nella sala per guardare da dove aveva inizio tutto quello che stavo cercando e retrocedendo di qualche passo, per un attimo ho sperato che quel percorso numerato fosse più lungo del previsto.

E’ bastato il primo telo su cui si adagiavano le prime foto ed improvvisamente eccomi lì! Un balzo vertiginoso mi ha buttata in quella storia dai toni grigi; in quei giorni trascorsi e rappresentati passo dopo passo dalle foto successive, ed io, senza avere la benché minima cognizione di quello che fu veramente, ho cominciato a rivivere momento dopo momento, tutte le dinamiche di un set.

Mentre seguivo lentamente l’ordine delle scene, sono stata assalita da una strana sensazione: non si trattava di un set qualunque dove si dava vita semplicemente ad una sceneggiatura, ma di un set che, volutamente o non, narrava la storia vera di due uomini diversi, ma complementari: Massimo, più giovane, dedito al gioco, ma con la consapevolezza che solo lui conosceva alla sua età, ripreso a volte in momenti di grande riflessione e Marcello, che fuori dal set più che un papà sembrava essere un consigliere, un sostegno, un caro zio che avendo qualche anno in più si muoveva da gran benefattore elargendo e tramandando aneddoti, proverbi ed esperienze a chi in quel momento gli stava più vicino.
Due uomini diversi, dal cui volto si evinceva il senso di ogni cosa che si muoveva nelle loro vite.
La sensazione che si prova guardandole tutte, sia quelle sul set, che fuori dal set è che questi due uomini alternino momenti di giocosità assoluta a momenti di forte compostezza.
Scene oggi inusuali.
Una carrellata di pose, che dall’inizio alla fine sembrano rappresentare con minuzia di particolari tutta la mimica dell’uomo-attore. Paradossalmente la semplicità delle immagini descrive ed esalta la poliedricità dell’artista. Invano risulterebbe l’intenzione di descriverle tutte, perché in ognuna vi sono mille sfaccettature ed ognuna racconta i sorrisi e le lacrime di una vita.
Ci sarebbe troppo da dire…

Ve n’è una che ritrae Massimo seduto ed attorniato da una decina di giovani leve rigorosamente in divisa da cui si evince l’espressione tipica del compagnone qual’era, addolcita da un leggero imbarazzo e da quella timidezza che in fondo non lo aveva mai abbandonato.

Un’altra molto intensa, una tra le più belle, dove lui seduto su un vecchio muretto, con il capo girato, con una gamba penzoloni e l’altra richiusa e riposta in alto verso di se, mostra un profilo inedito, con lo sguardo di un pensatore rivolto in lontananza.

E poi ancora lui, con i suoi sorrisi variopinti di allegria, consumati di ironia, dolci, amari che prova un giro di giostra con Mastroianni.
Sempre lui che segue interessato un discorso di Scola, che chissà quali consigli gli avrà riservato.
Lui, il ragazzo del 1989, schivo, modesto e generoso, alle volte straordinariamente “biricchino”.

Ancora una volta ho trovato tutto quello che cercavo…

Angela Paoletta

domenica 1 gennaio 2012

I luoghi di Massimo Troisi: Firenze (Ricomincio da tre)

Reduce da un "Ricomincio da tre"-tour in quel di Firenze, vi posto qualche scatto. Calcare questi luoghi per me è sempre speciale ed emozionante; vi invito a farlo! Ho cercato di ricordare a memoria più o meno la posizione della macchina da presa e, dove è stato possibile, ho scattato le foto da lì. Sempre nel limite dell'umano ho anche ricercato situazioni simili di luci.

Auguroni a tutti. Che sia un anno di passioni, come la nostra, che portino lontano e ci rendano migliori.

Cristiano


Qui Gaetano "teorizzò" la nascita della migrazione degli uccelli. 
     

Questo, trovato con tanta fatica, è il portoncino da cui Gaetano e Lello escono e partono in due in bicicletta ("...Me faccio liggiero.."). Dopo trent'anni la macelleria che si vede nel film è ancora lì!      

 In quest'angolo Gaetano incontra "casualmente", affannando, Marta.
 

Qui Gaetano lascia Lello in bici e va via a casa a prepararsi per l'appuntamento con Marta.


...e poi c'è ancora Massimo, che mi compare davanti in una vetrina sulla copertina del libro di Rosaria. Sempre con me, lui che ha dotato la mia vista di un radar che mi permette di far cadere immediatamente il mio sguardo dove c'è lui, anche in mezzo a centinaia di libri e fotografie. E il cerchio si chiude.

Al prossimo Massimo-Tour, alle prossime emozioni!

Cristiano