martedì 25 ottobre 2011

Come piazza Garibaldi a San Giorgio a Cremano divenne piazza Massimo Troisi

E Troisi scalzò Garibaldi (dopo il sondaggio dal barbiere)

Il vantaggio della cattiva memoria è che si gode parecchie volte delle stesse cose per la prima volta (Friedrich Nietzsche)

La piazza fu un successo del sindaco prima dell'Oscar. Ora è il ritrovo dei ragazzi Il primo cittadino: Non volevo aspettare i tempi della burocrazia. Mi hanno accusato di avere usato Massimo in modo massiccio. È vero, ma l' ho fatto per la città La sorella: È strano pensare che un ragazzino come lui, cresciuto in una famiglia semplice, uno come tanti, sia arrivato a dare il nome alla piazza dove siamo vissuti

Il sondaggio informale affidato a Romanelli, il barbiere, registrò un generale consenso e due irreversibili no: due anziane sorelle affacciate sulla piazza che non volevano saperne di rinunciare a Garibaldi per Troisi. E che per lungo tempo ancora avrebbero spedito lettere di protesta in Comune. «Si vede che Massimo gli aveva rotto un vetro giocando a pallone da bambino...», sorride Aldo Vella, a quei tempi sindaco. I negozianti, invece, che pure avrebbero avuto le maggiori seccature burocratiche dal cambio di indirizzo, nell' «inchiesta» condotta tra schiuma e rasoio risultarono ampiamente favorevoli. Qualcuno addirittura entusiasta di lì a poco avrebbe ribattezzato il locale: bar Piazza Massimo Troisi. Lo slargo al centro di San Giorgio a Cremano dove l' artista ha abitato da bambino, a poche centinaia di metri dai luoghi in cui è cresciuto, ha recitato, ha fondato la Smorfia, ha ambientato il primo lungometraggio (Ricomincio da tre), è costantemente tornato (dopo il trasferimento a Roma) per la tombola a Natale e le feste in famiglia, da oltre vent' anni porta il suo nome, ed è ancora meta del pellegrinaggio di fan, turisti, amici. Alcuni tra i colleghi anche celebri del mondo dello spettacolo «quando si trovano a Napoli fanno uno squillo e passano di qui, vengono a prendere un caffè a casa», a due strade di distanza, racconta Rosaria, che tra i fratelli è quella che più si è fatta carico della memoria di Massimo. «È ancora molto strano per me pensare che un ragazzino come lui, cresciuto in una famiglia semplice, uno come tanti, anzi più fragile degli altri - per la febbre reumatica che da piccolo gli indebolì il cuore, ndr - sia arrivato a dare il nome addirittura alla piazza in cui abbiamo vissuto». Nessuna immagine dei sei fratelli Troisi bambini. «Non la tenevamo neanche, la macchina fotografica», spiega Rosaria. Ricordi, però, a migliaia. «Abitavamo lì - indica il vuoto - prima che palazzo Bruno crollasse. Le finestre del terzo piano a sinistra», mostra una vecchia cartolina riprodotta in un libro. «Mamma per farci salire in casa la sera s'affacciava sulla piazza e chiamava. Prima noi femmine, i maschi potevano restare a giocare di più, e io li invidiavo...». A mezzogiorno di una domenica di un autunno che pare estate «mieze e' Tarall» il sole è implacabile. S'è chiamato per decenni così, largo Taralli, prima e anche dopo l' unità d' Italia, questa conca che è il nodo di San Giorgio a Cremano, provincia incollata a Napoli, alla confluenza irregolare di colate di lava del Vesuvio. «'ncopp ai Taralli» anche si diceva, conservando il nome della famiglia che un tempo possedeva questo pezzo di terra vulcanica in pendenza. Nessuno ha davvero mai detto: «Incontriamoci in piazza Garibaldi». Adesso invece, dall'inaugurazione - l' 11 gennaio 1997 alla presenza di cittadini, familiari e dell'allora ministro dell'Interno Giorgio Napolitano -, soprattutto i ragazzi più giovani si ritrovano dalle parti di piazza Troisi. Un avvallamento senza ripari di alberi o pensiline, un parcheggio all'aperto su un versante, l'uscita della ferrovia circumvesuviana, corso Roma, le strade strette di alimentari e piccoli negozi, un'edicola della Madonna e al centro una sorta di anfiteatro piastrellato e delimitato da gradoni bassi in cui può venir bene una partita di calcio o un raduno di adolescenti dopo il tramonto. Di giorno, però, è più comodo girarci intorno. «Piazza tormentata - ammette l' architetto Vella, che pure da sindaco tentò una sistemazione -. Nell' 800 incrocio di viali alberati, tranciati dalla vesuviana a metà del Novecento», non ha ancora trovato la sua forma definitiva. L'ultima ristrutturazione nel 2005, ora un nuovo stanziamento statale di mezzo milione di euro per «completare i lavori». Durante il suo mandato, contemporaneo alla vittoria del centrosinistra di Bassolino a Napoli nel ' 93, Vella lavorò molto sull' identità di quella che definisce la «città vesuviana», l'agglomerato che unisce San Giorgio a San Sebastiano, Portici, Ercolano, intrecciando strade e sovrapponendo confini. «Allora era considerato un prolungamento della periferia residenziale di Napoli, ma in ognuno di questi Comuni esiste un paese con una sua storia», che voleva distinguersi dal destino della metropoli. Nella ricostruzione di un percorso autonomo, Massimo Troisi ha un ruolo inconsapevole e determinante. Alla sua morte, il 4 giugno 1994, è senza dubbio il cittadino più rappresentativo di San Giorgio a Cremano: il Comune non vuole aspettare i tempi della burocrazia per celebrarlo e farne il punto di riferimento per la rinascita. «Mi hanno accusato di averlo usato in modo massiccio - si autodenuncia l' ex sindaco -: è vero, ma l' ho fatto per la città». La decisione di intitolargli la piazza centrale in tempo per la partecipazione del Postino alla Notte degli Oscar - candidato postumo a miglior film straniero - attira critiche e veti. A partire dalla Società di Storia Patria di Giuseppe Galasso. A sbloccare l'assegnazione è un'amica giornalista, fan di Massimo, che procura a Vella un'apparizione al Maurizio Costanzo Show . Due giorni prima della serata di Los Angeles (era marzo 1996) e del maxischermo previsto in piazza, arriva la telefonata che dà il via libera: la targa di Troisi prenderà il posto di Garibaldi (e il sindaco sarà involontario eroe dei neoborbonici). Nucleo del paese ed epicentro di tutte le attività di Massimo ragazzo: da quella piazza, Troisi avrebbe fatto pochi metri anche dopo il trasloco della famiglia. Nella finzione di Ricomincio da tre, in cui la religione diventa attesa del miracolo, il padre del protagonista, Gaetano, si premura di dare l'indirizzo giusto alla statua della Madonna che prega perché gli ricresca la mano: «Via Cavalli di Bronzo 31», scandisce. È il condominio dove, nella realtà, i sei fratelli sono stati fino al ' 72, gli ultimi anni in cui la famiglia è rimasta unita e serena. In quel palazzo Massimo si è ammalato al

cuore; nella sua stanza - di nuovo a letto con la febbre - ha assistito, appena diciassettenne, alla morte improvvisa della mamma, che gli era accanto per curarlo. È stata soprattutto Rosaria, di otto anni più grande, a prendersi cura di lui. Una storia drammatica, ma anche di grande orgoglio: «Chi avrebbe immaginato tanto successo... Quando sono andata in America per gli Oscar pure al controllo passaporti sapevano chi era Troisi, mi dicevano The Postman ...». Rosaria da sempre scrive, ha recitato in teatro, adesso è alle prese con un volume (Oltre il respiro. Massimo, mio fratello, insieme a Lilly Ippoliti, per le Edizioni Iacobelli, uscirà il 10 novembre) che racconta l' infanzia dei Troisi attraverso una mappa delle case di San Giorgio che hanno abitato, affrontando per la prima volta i ricordi - come la morte della madre - più dolorosi e intimi. Se non ha potuto studiare all'Università né lavorare, Rosaria è però incredibilmente toccata dalla stessa grazia del fratello: uguale sensibilità poetica, impressionanti tempi comici. Un dono di famiglia che ha contagiato anche il marito, Luigi, fidanzato di sempre e fonte di ispirazione di celebri gag: quella di Lello Arena che citofona e prima ancora di avere risposta è già dietro alla porta di casa, per esempio. Molto della vicenda artistica di Massimo nasce in questi pochi metri di Vesuvio, tra parenti e amici. Ricomincio da tre, di cui quest' anno si celebra il trentennale, è stato girato in gran parte nella villa Vannucchi, a due isolati dalla piazza, allora celata dai ponteggi, oggi riscoperta e ristrutturata. E anche la celebre battuta finale, pronunciata da Gaetano a Firenze, quando propone a Marta il nome da dare al bimbo che nascerà - «Avevo pensato Ugo... così ' o guaglione viene più educato, Massimiliano viene scostumato, è proprio il nome... ' a mamma prima ca' o chiamma Mas-si-mi-lia-no ' o guaglione chissà aro' sta ...» - è nata in un altro luogo familiare, la bottega di Giorgio Romano, detto «Romanelli», barbiere del quartiere dal quale Troisi padre non è mai riuscito a pagare un taglio o una rasatura. Omaggio alla famiglia, ma anche sincero affetto della comunità. Qui c'è il record mondiale d'abitanti per km quadrato. San Giorgio a Cremano è il più piccolo dei Comuni vesuviani, incollato alla periferia orientale di Napoli, oltre 47 mila abitanti. Sviluppatosi tra i '60 e i '70 come appendice residenziale della città per accogliere la piccola e media borghesia in uscita dal capoluogo, nell'espansione si è saldato con i comuni limitrofi di Portici, soprattutto, ed Ercolano e San Sebastiano al Vesuvio, in un'area che registra una delle densità di popolazione più alte del mondo (il record è di Portici: 12 mila abitanti per km quadrato). L' artista Massimo Troisi nasce a San Giorgio a Cremano, Napoli, il 19 febbraio 1953. Figlio di un macchinista ferroviario, ha cinque fratelli. La mamma muore quando ha 17 anni. Massimo recita sin da ragazzino, fonda i primi gruppi teatrali a San Giorgio (tra cui «La Smorfia» con Lello Arena e Enzo Decaro), approda alla tv. Il primo lungometraggio è «Ricomincio da tre» nel 1981 (David di Donatello come miglior film e miglior attore), seguono tra gli altri «Scusate il ritardo», «Non ci resta che piangere» (con Benigni), i lavori con Scola come «Il viaggio di Capitan Fracassa». Nel 1994, benché la malattia al cuore si sia aggravata Troisi porta a termine le riprese de «Il Postino», con Philippe Noiret: uscirà postumo. L' attore muore il 4 giugno 1994 per una crisi cardiaca a casa della sorella Annamaria a Ostia.

Coppola Alessandra
 

Corriere della Sera, 23 ottobre 2011
    

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