domenica 29 agosto 2010

Massimo Troisi e Raimondo Vianello: il bisogno di vivere e far vivere emozioni

Troppe cose “… devono essersi perse da qualche parte”, cara Claudia ("Cara … Chiara", cit. dal Calesse). Grazie per il tuo profondo spunto di riflessione contenuto nel tuo post dello scorso 19 luglio: in troppi campi c’è da sentirsi “derubati” di qualcosa e, in noi in particolare, è prepotente la sensazione di aver subìto un “furto” in più. Dopo quell’immenso RESPIRO che ci ha regalato Massimo dalla e in ogni sua comparsa, sembra essere tornata quell’aria stantìa di cose uguali a se stesse, oppure copiate male o, peggio ancora, cose “sfornate” per un pubblico che vuole solo essere super stimolato per “distrarsi” ed evadere, rinunciando così a…vivere veramente.
 
Lui possedeva dentro, connaturato, il bisogno di “vivere e far vivere emozioni”, il bisogno di spazi interiori per sentirsi, ritrovarsi e regalare questa energia. L’ha pure accennato in un film: “Così mi distraete, soffro male, soffro poco…”. Sicuramente già a quei tempi (era l'anno del Calesse, il 1991) l’audience dettava legge e bisognava avere molto coraggio di uscire fuori dal coro, ma in Massimo avveniva in modo istintivo perché possedeva il coraggio delle proprie emozioni, in un mondo in cui, già allora, era difficile avere il coraggio delle proprie azioni (“Vorrei indignarmi di più e saper comunicare questa indignazione senza diventare una delle voci indistinte del coro”, ha detto una volta). Per questo, istintivamente, sentiva di non dover rispondere ad alcun cliché, lui era già fuori dal coro, gli bastava ESSERE e basta (“questo l’hanno già detto ”).

“NO, non è ancora nato un altro Massimo Troisi” ha dichiarato Pippo Baudo in un’intervista, e non credo l’abbia detto per piaggeria o motivi di “audience” (appunto): conosceva Massimo, l’ha incontrato tante volte, visibilmente conquistato dai suoi interventi. Sentiva anche lui che qualcosa faceva la differenza nei “duetti” con quell’artista: un mix prezioso di umanità, naturalezza, istinto, capacità comunicativa, ironia e soprattutto di buon gusto, di cui Massimo era portatore sano.
  
Quest’anno c’era un motivo in più per “confezionare” qualcosa di più rispondente oltre che al nome di Massimo, anche a quello di Raimondo Vianello, scomparso pochi mesi fa, al quale è stata dedicata questa quindicesima edizione del Premio Troisi. E si trattava appunto dell'omaggio ad un altro grande della comicità.
Ben detto, Claudia: “… con molta probabilità unica nota positiva di tutto il Premio”. Mi piaceva Raimondo, anche lui aveva un distinguo al quale non ha mai saputo-voluto rinunciare: “Era un portatore sano di ironia” ha detto recentemente il buon Costanzo. Superfluo aggiungere che, quando l’ho letto, ho pensato subito al “nostro” e, seppur confermando che nessuno ha su di me l’ “effetto calamita” che mi suscita Massimo, in Raimondo, forse, qualcosa me lo ha sempre ricordato, nonostante la distanza generazionale e di …genere “comico”.

Per questo ho ritrovato delle assonanze con quanto ho letto su Raimondo dopo la sua scomparsa e vorrei condividerle con voi.

- "Rallegrava tutti con il suo umorismo, che denotava anche cultura e sensibilità." (Patrizia De Blanck)
  
- "M’incantavo studiando la sua recitazione perfetta. Sempre arguto, misurato, impeccabile, sul set come nella vita. Sapeva di essere un maestro, ma non lo faceva pesare." (Little Tony)
 
- "La finezza del suo umorismo era lo specchio della sua eleganza morale." (Adriano Aragozzini)

- "Da lui ho appreso le leggi della comicità, i suoi tempi e i suoi confini." (Pippo Franco)

- "Tu non reciti per far ridere, tu fai ridere e basta, non fai il comico, ci sei nato." (Massimo Boldi)

- "… la sua flemma, le pause cariche di sottintesi, quel muoversi pigro e dinoccolato…devi misurare al centesimo i tempi, le sillabe, le facce…" (Alessandro Penna)

- "Quando muore un grande, come Raimondo Vianello, c’è un solo modo per sfuggire alla retorica: raccontarlo com’era. In purezza. Non ce ne sono più di persone così. La tv (ma anche la politica, la società, lo sport…) è piena di gente che si prende troppo, o troppo poco, sul serio." (Umberto Brindani)
  
"Se io voglio assomigliare a qualcuno, voglio fare come ha fatto lui…non sono più io ma divento…imitatore", diceva in un’altra delle sue sagge affermazioni Massimo. Per questo non è possibile, nel panorama di oggi, trovare un altro Troisi. "Non si è mai (più) visto, si fosse visto una volta … uno po’ dicere ‘s’è visto’. E invece no!". Vincenzo, protagonista di "Scusate il ritardo", insegna.

Daniela V.
 

mercoledì 18 agosto 2010

"Ciao Massimo" di Vincenzo Russo, letta da Paolo Caiazzo

Una perla di poesia interpretata da un illustre concittadino di Massimo....da brividi!

Grazie a Paolo Caiazzo e grazie a Vincenzo Russo. E soprattutto a Giorgio Calafato.