giovedì 8 luglio 2010

Incontri di cuori che si ascoltano: impressioni sull'incontro con l'autore de "Il postino di Neruda"

La passione annulla il caldo e mantiene sempre in splendida forma. Lo si evince chiaramente dalla foto di Cristiano in compagnia di Antonio Skármeta. Di Antonio si percepisce la solarità, il piacere di stare con la gente, l'amore che lo lega a Massimo: non so come, ma si “sente” anche attraverso questa semplice foto. Quegli occhietti, poi, ...deve essere proprio una grande anima, motivo per cui si è incontrato così intensamente con Massimo.
Grazie Cris, per le tue iniziative, per la tua perseveranza e la varietà con cui ci proponi Massimo…semmai grandi appassionati come noi ne avessero bisogno! Ma ci fa bene, aggiunge fuoco al fuoco e la fiamma, a tratti, divampa.

Quando intervieni a certe iniziative lo fai anche PER noi, CON noi, …come se fossimo lì perché, almeno col desiderio e l'intenzione, siamo veramente con te!!! Di fronte a queste cose è il caso di dire: “Cris, sei tutti noi!”
Non mi stupisce che “Lui gli parla a cuore aperto come se fosse ancora qui tra noi, con la dolcezza e la poesia che contraddistingue entrambi". Se questo succede a persone come noi che hanno incontrato Massimo solo nelle immagini e nelle emozioni, figurarsi come può essere forte il “contatto” rimasto con quelli che lo hanno conosciuto. E' facile capirli, e mi è stato sempre facile capire persone come Pino Daniele che ha detto che, quando canta "Quando", non può fare a meno di commuoversi. “Mi succede automaticamente e non riesco a controllarmi: è più forte di me!”, ha detto una volta.

Dalla descrizione dell'’incontro con Skármeta trapelano forti emozioni. Cris, quasi mi avevi convinto, in passato, quando dicevi "non so da dove cominciare quando incontro qualcuno che l'ha conosciuto". Lo sai, lo sai, l'hai saputo questa volta  (e, tanto per cambiare, mi viene in mente una frase di …Vincenzo a Tonino nella scena finale di “Scusate il ritardo”: " 'e ddici, 'eddici, l'’hai detto … qualche volta").

Lo credo che "…lui capisce subito dove voglio andare a parare, quando dalla mia bocca escono le due paroline magiche ‘Massimo Troisi...". Sono convinta che in “quei” momenti non sei tu a dover cercare le parole, sono le parole che trovano te, attraverso la solita strada, quella dei cuori che si “ascoltano”. Quando Skármeta ha scritto "Ardiente paciencia" naturalmente non conosceva Massimo, ma ugualmente gli ha “toccato il cuore”, involontariamente. Ed è bello quello che lo stesso autore racconta del loro primo incontro, che ho “raccolto” sul web e che mi piace condividere perché io per prima ho provato piacere a rileggerlo: "L'incontro ebbe luogo nella sua casa un pomeriggio d'autunno, durante il quale potei accertare con piacere e spavento che esisteva una relazione segreta tra il mio postino Mario e l'atmosfera irradiata dalla espressività di Troisi. Le coincidenze erano perfino magiche: il Postino è fatto di una curiosa mescolanza di ingenuità, impertinenza, umorismo e malinconia, e l'attore Troisi aveva raggiunto il successo grazie alla sua comicità tratteggiata con un accento di tristezza e un certo spavento avido, una tensione irresistibile verso qualcosa di vago e bello. Ora, nell'intimità di casa sua e nella dolcezza della sua convalescenza, mi parve ancora più caldo, più grazioso, più sensibile e vulnerabile. Lo vidi come un artista sulla soglia della maturità. Le ansie della malattia avevano assottigliato il suo corpo e perfezionato le sue risorse espressive. Al momento dei saluti ci abbracciammo, e nel breve attimo in cui strinsi il suo corpo fragile con la mia robusta corazza cilena, fui turbato da un' insolita emozione. Sentii il suo enorme desiderio di interpretare il ruolo di Mario, il postino, e mi sentii grato per la fortuna che la mia opera aveva avuto nel catturare con tanta intensità la sua attenzione. A metà delle riprese, arrivò la brutale notizia: alla fine del film Troisi avrebbe dovuto sottomettersi a un trapianto cardiaco. Io mi tenni informato delle peripezie di questo dramma chiamando settimanalmente dal Cile il regista Radford. Durante una di queste telefonate egli mi confidò che aveva detto a Troisi: "Se la salute non ti permette di proseguire, costi quel che costi devi lasciare il film. La vita è più importante del cinema". L'attore gli aveva risposto: "Sì, ma il cinema è la mia vita. E a questo film voglio consegnare fino all' ultimo palpito del mio vecchio cuore".

Dalla stessa fonte è scaturito il saluto che Antonio ci ha fatto nella sua lingua: come si fa a non sentire amico un “faccione” rubicondo e gioioso come quello che ci hai regalato!?
Grazie ancora, Cris.

Daniela

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